La Segunda Seleccìon, storia di un’etichetta diventata profezia. La Nazionale di Messi che parte sempre da favorita e finisce spesso da delusione dà l’esempio e la piccola colonia argentina di Catania lo segue diligente.
Il famoso DNA, tratto distintivo di ogni realtà, è fattore che non teme smentita nel calcio, e qui non ci troviamo certo di fronte ad un’eccezione che conferma la regola. Abbiamo dunque assunto una vera e propria identità albiceleste? L’allenatore più adatto alla piazza è quello di carisma, di carattere e più vicino ai calciatori, Simeone come Maradona. Certo, un indizio è solo un indizio…
In Argentina un campionato dura un girone, come dire una stagione divisa in due, magari una parte sofferta e una trionfale … e due indizi fanno un sospetto.
Abbiamo grandi qualità ma imprigionate, importanti potenzialità ma inespresse chissà perché… L’Argentina del giocatore più forte del Mondo non vince nulla, il Catania che pensa di essere il più forte di sempre rischia la permanenza in Serie A… e allora tre indizi fanno una prova!
Abbiamo preso i tratti sudamericani con questo connubio Italo – argentino!
Oppure, quando le cose vanno male, spariamo ad altezza uomo “A cu pigghiu pigghiu”?! L’allenatore più adatto per la piazza di Catania non è forse quello di carattere già da tempi non sospetti? Le stagioni a due facce non accompagnano forse a braccetto il Catania per buona parte della sua storia? Grandi aspettative disattese e andature al di sotto delle proprie possibilità non le avranno mica inventate gli argentini? Da giocatori che più al mondo sono affini al calcio italiano a problema insormontabile, gli argentini sono più semplicemente molto simili a noi, con annessi e connessi.
Che troppa difesa chiami troppo attacco non è giusto ma è così, da noi almeno, e forse riconoscere e spiegare magari quello che non va, aiuterebbe a stare più vicini. Illuminante in tal senso è stata l’intervista nel post-partita di Napoli di Simeone che ha convinto spiegando quale fosse l’idea tattica. Molto meno persuasiva quella di Firenze, dove la sua assunzione di responsabilità nasconde con un dito una montagna. Un uomo di calcio come lui, che alla squadra dei nove argentini in campo spiega prima in spagnolo e poi in italiano quello che vuole, non riesce a farsi capire? È più plausibile che siano gli undici in campo a essere poco recettivi, e non da oggi. È vero che queste considerazioni si fanno nei luoghi debiti, e non sono certo le zone interviste. È vero che una dirigenza seria pensa a rimediare agli errori al momento debito, cioè a fine stagione, quando il grado di cambiamento darà misura di quanto si pensa ci sia di sbagliato. Le responsabilità sono di chi di dovere e l’onestà intellettuale è di chi non parla solo con senno di poi.
Ciò nonostante non si vede la necessità di schermare tanto i calciatori, maturi professionisti che a furia di essere ovattati sembrano proprio fuori dal problema, come non li riguardasse. Non c’è gente col coltello tra i denti, non ci sono un portiere fortino e dieci pirati che assaltano gli avversari, rubano palla, difendono con le unghie… dieci “pirati” in trasferta si…ma non dico dove perché sono un signore. È quest’assenza di cattiveria agonistica che non si può difendere. Tutto meno che una squadra con meno fame dei suoi avversari. Si possono esimere dal dito inquisitore della critica, ma non si può sottrarli alle proprie responsabilità, magari dentro, magari nel posto giusto, ma io confido che sia andata così. La “Carota Therapy” non ha funzionato, un po’ del buon vecchio bastone non ha mai fatto male a nessuno, salvo che qualcuno non reputi il cavallo già morto.
Non è di certo così per il tifoso vero, che al di là dello sconforto post partita è sempre lì, e anche se si è detto che è l’ambiente a essere pessimista sono cinque anni che beve dal calice amaro della gita fuoriporta “E non si castia”. E se per disperazione rimpiangi perfino il catenaccio…
Vorremmo poterci giocare dieci finali, e non ritrovarci solo con cinque spareggi. Per ogni punto che non porti dalla trasferta, c’è un’ultima spiaggia ad attenderti la partita successiva.
Simeone fa sognare il Catania, Giampaolo lo faceva dormire, ma quello che lo sveglia non si è ancora trovato.
[Daniele Lodini – Fonte: www.mondocatania.com]