Si comincia col riscaldamento. Catania “in campo con i valori”, ognuno degli undici titolari veste una maglia rossa col proprio numero ed, al posto del nome, uno tra i valori: “Coraggio, Amore, Rispetto, Onestà, Perdono, Generosità, Gentilezza, Ottimismo, Gratitudine, Pazienza, Impegno, Integrità”. Iniziativa dell’associazione “Le ali morali” raccolta dalla società rossazzurra. Circa 15.000 spettatori all’ingresso in campo delle squadre. Due striscioni nelle curve. La Sud ricorda le vittime di Genova: “Genova di mentalità e di onore. Catania è vicina al vostro dolore”. La Nord s’intitola: “Onore a chi ha lottato”. Come sapesse già le scelte di Maran, che rinuncia ad ogni possibile avvicendamento di fine torneo per schierare in campo la formazione che ha sudato e conquistato i nuovi record, che ne vuole conquistare di altri. Unica variante, Capuano al posto di Marchese, reduce forse più stanco od ammaccato degli altri dalla trasferta del (bellissimo) Ferraris.
Andujar torna in porta. Bellusci rileva il posto di Alvarez a destra. Ai due discussi reduci del derby segue la “novità” Legrottaglie, alla sua prima apparizione dopo il prolungamento al 2014. Gomez confermato in attacco insieme a bomber-Bergessio. “Noi vogliamo questa vittoria”, la partita inizia con l’esortazione chiara della curva Nord. La arbitra l’esordiente Pasqua, di Tivoli. E’ il Catania a detenere il possesso del centrocampo, a dettare i ritmi a farsi preferire per la qualità della manovra e le soluzioni offensive. Uno schema su punizione, al 5° porta Barrientos al tiro ravvicinato, di poco a lato, al 15° Perin s’arrangia in due tempi su di un potente tiro di Bergessio. L’eccessivo controllo della sfida rilassa il Catania e permette al Pescara si avanzare il baricentro, soffrendo meno della pressione etnea e proponendosi con maggior frequenza in avanti.
La discontinuità con cui il Catania produce e si produce in avanti, caratterizza l’andamento sincopato della gara che alterna fasi brillanti a periodo in cui è il Pescara a gestire il possesso palla, manovrare, pur con la macchinosità dell’ultima della classe, senza concedere o senza che il Catania sfrutti a dovere gli spazi lasciati in scia. Non è la formazione “remissiva” che ci si poteva attendere. Cattivi su ogni contrasto, i “gialli” dimostrano di non voler concedere nulla oltre il propri limiti. Al 23° fuori Legrottaglie, tramortito da uno scontro con Sforzini, dentro Biagiani. Bellusci si sposta centrale, Izco arretra a terzino destro, Biagianti ne prende il posto in mediana. Tra i tanti errori in impostazione, un colpo di testa lisciato in area da Almiron ed una conclusione di Barrientos al 38°, il Catania sale e scende. Al 42° violenta conclusione di Almiron al culmine di una triangolazione in area, angolo. Primo tempo senza goal. A Maran non piace, tutti dentro gli spogliatoi, a colloquio, anche le riserve.
Serve più cattiveria, più cinismo. Arrivano al 51° pallone perso banalmente a centrocampo, contropiede bruciante, il Catania riparte in superiorità numerica, Almiron per Bergessio, cross che attraversa l’intera area, Gomez raccoglie a sinistra depositando in rete in scivolata. Al 59° reazione del Pescara, Sforzini conclude a tu per tu con Andujar che devia di pugno salvando il risultato. Un Barrientos in condizione stratosferica non basta ad indirizzar con decisione la sfida dalla parte del Catania. Al 71° fuori Almiron per Castro. Al 78° sempre Barrientos, semina avversari su avversari, palla a Bergessio in area, tiro addosso a Perin. Accade poco fino al termine quando lo stadio si leva in piedi per applaudire e scandire il nome di Barrientos, a cui Maran regala la standing ovation. Due minuti di recupero ed è festa, per il nuovo record di vittorie interne di sempre, 12, quello di reti messe a segno di sempre, 48, per aver eguagliato il record vittorie complessive di sempre, 15, per aver acciuffato l’ottavo posto in attesa della sfida tra Inter e Genoa. E’ festa per questo Catania dei record, che dopo aver disteso uno striscione recante lo scudetto su sfondo rossazzurro, saltato insieme ai tifosi, effettuato il giro di campo, regalato maglie ed emozioni, saluta e chiude il Massimino, lasciando un’immagine di sé, di questa serata, che mitigherà la dolce nostalgia che l’estate, con le sue distrazioni, proverà a far volar via, in un attimo.
[Marco Di Mauro – Fonte: www.mondocatania.com]
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