Catania: ritrovare la strategia vincente

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logo-cataniaCATANIA – Nella stagione in cui veniva programmato ‘un passo in avanti’, retrocedere significa fare più che un passo indietro. É un’imposizione, formalmente (mica il Catania ci va a far pic-nic). É più che altro un passo giusto, perché ampiamente meritato. Sfortuna, infortuni posso aver giocato sì un ruolo, ma non quello da protagonista. Ecco, per  tornar a compiere ‘passi avanti’, ‘passi avanti’, costatare questa realtà è il primo dei tanti atti di umiltà che la retrocessione impone necessari ma che la salvezza avrebbe invece condonato.

Dall’album dei ricordi, vanno recuperati ed attualizzati i concetti che hanno reso vincente la strategia del club. Parliamoci chiaro: se il Catania è riuscito ad arrivare davanti all’Inter, ottavo addirittura, non è stato certo perché forte dell’ottavo miglior organico del torneo. Ciò che ha colmato la differenza e ribaltato le previsioni ebbene, sono stati proprio i concetti, validi. Il Catania li ha rispettati, riuscendo a rendere al massimo delle proprie potenzialità tecniche. Altre squadre hanno disatteso (semmai avuti) i propri, rendendo al di sotto delle aspettative.

É sui concetti che si basa la competitività di un club che non può permettersi di far il passo più lungo della gamba, di spendere tanto quanto chi di entrate ne ha per dieci volte. Ecco, proprio la sensazione che – sin dalla conferenza di presentazione di Cosentino – il club avesse intenzione di porre maggior attenzione sui giocatori (su giocatori ‘fuori dalla portata del Catania’) andava accolta col sospetto che si stessero dando per scontati quei concetti che avevano fatto crescere il club tanto da indurlo a pensare di poterli accantonati.

Concetti semplici: Non trattenere nessuno controvoglia. Monetizzare al massimo le cessioni. Rimpiazzare i partenti con giovani emergenti, capaci. Puntare su tanti giocatori di sostanza e solo alcuni di grande fantasia. Valorizzare e gratificare il proprio patrimonio professionale. Affidare la panchina ad un allenatore che – prima ancora della bravura tattica – abbia forte presa caratteriale sui giocatori. Badare anzitutto alla salvezza. Rapportarsi garbatamente con la stampa, senza dar l’impressione di porre un distinguo tra ‘amici e nemici’, come per sgravare su di essa il peso del mondo.

Infine: affidare la gestione del club nelle mani di un solo professionista che oltre alle mani, ci metta pure la faccia. Poco importa la carica (amministratore, direttore), importa che oltre ad esserlo nel privato mostri in pubblico di esser presente ed emotivamente partecipe alle vicende della squadra, di conseguenza vicino agli umori dei tifosi. Un professionista che sia una certezza, un riferimento chiaro, non un punto interrogativo. In questo senso un passo in avanti è stato fatto, ripristinando un uomo solo al comando.

Adesso toccherà a quest’uomo dimostrare di saper mandar avanti ‘la baracca’.. di esser in possesso di quei concetti enunciati, e della capacità di applicarli: Piede veloce, passo mai troppo lungo. Sentir parlare di Europa in tre anni fa sognare, ma non conforta, non può al termine di questo ragionamento. Fortuna che a giudicare non sarà la stampa, ma il campo. Lo stesso giudice che quest’anno ha bocciato ogni scusa, imposto un passo indietro, suggerito una seria, profonda riflessione.

[Marco Di Mauro – Fonte: www.mondocatania.com]