“Non dispiacetevi, sorridete e vivete la vita”. É il messaggio di qualche giorno fa di Sven Goran Eriksson. Che tutti abbiamo voluto vedere come un’anticipazione della prossima uscita del docufilm a lui dedicato. Ma che dentro di ognuno di noi ha risuonato come un addio. Una consapevole presa d’atto che il tempo a lui riservato non avrebbe più concesso sconti.
L’allenatore svedese, che lo scorso gennaio aveva annunciato di essere malato terminale di cancro e di avere un anno di vita nella migliore delle ipotesi, si è spento oggi all’età di 76 anni.
Molto apprezzato sul campo per il suo carisma, il suo rigore, la compostezza nordica e la signorilità, in questi ultimi mesi Eriksson ha fatto ancora di più, molto di più: ci ha emozionato. Seduto sulla panchina del Liverpool ha realizzato il suo grande sogno. A Marassi e all’Olimpico, ha salutato i suoi tifosi di un tempo, di Sampdoria e Lazio. Ricambiato da uno smisurato affetto ammirazione per come stava affrontando il suo dramma. Sempre col sorriso, sempre a testa alta, sempre con dignità.
Insegnandoci che anche di fronte alla condanna più pesante e al responso più crudele, si possono condividere ancora attimi di vita indimenticabili, regalare e regalarsi emozioni. Che poi sono il sale della vita stessa.
Eriksson ha lasciato la vita terrena con un sentimento nobile e a molti sconosciuto: la gratitudine. “Ho avuto una bella vita“, ha detto nell’ultimo messaggio. “Spero che mi ricorderanno come un uomo positivo“.
A Dio Mister!
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