Le vacche magre del ciclismo italiano del 2023

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Nessuna prova vinta nel calendario World Tour, un movimento che per il momento si regge sulle spalle di pochissime eccellenze, qualche isolata speranza e alcuni buonissimi comprimari

Il bilancio complessivo del ciclismo italiano nel 2023 non è certamente in linea con la sua tradizione. Se è vero che il ciclismo ai massimi livelli, per tutto lo scorso secolo, è stato essenzialmente uno sport solo o quasi europeo, e dell’Europa centro mediterranea in particolare, e che quindi la minore concorrenza facilitava il compito alle nazioni-guida, è indiscutibile come questo non possa da solo spiegare le ragioni non tanto del bilancio magro di un’annata, ma anche dell’assenza di un nucleo numericamente significativo di ciclisti italiani di punta a livello internazionale, dell’attuale mancanza di un ciclista italiano che possa giocarsi la vittoria in un grande giro a tappe (che poi sono le sole competizioni in grado in Italia di allargare l’interesse del pubblico rispetto al bacino dei fedelissimi) o ancora della mancanza di una formazione italiana, con sponsor italiano, fra le 18 formazioni del World Tour. Ci sono formazioni di tutti i paesi tradizionalmente di grande tradizione ciclistica, ma anche statunitensi, australiane, del Kazakistan e degli Emirati Arabi, ma non ve n’è alcuna italiana.

Scorrendo il calendario delle corse del World Tour 2023, dall’esordio di gennaio con il Tour Down Under in Australia, per chiudere in ottobre con il peraltro trascurabile Tour of Guanxi in Cina, e passando per la ciccia della parte fondamentale dell’annata ciclistica, che ha sempre l’Europa come proprio indiscutibile epicentro, non c’è il nome di alcun italiano fra i vincitori delle 35 competizioni in programma.

I migliori piazzamenti in queste corse sono rappresentati dalle piazze d’onore ottenute da Filippo Ganna e Andrea Bagioli nelle due prove “monumento” che si disputano proprio in Italia, rispettivamente alla Milano-Sanremo e al Giro di Lombardia. Sempre Ganna ha sfiorato il terzo titolo mondiale a cronometro, battuto solo da Evanepoel, sebbene né questa prova né quella in linea figurino nel calendario del World Tour. Ci sono stati poi i terzi posti di Damiano Caruso nella classifica finale del Giro di Romandia e quelli di Alessandro Fedeli e dell’ex olimpionico della pista Elia Viviani nelle due corse tedesche del calendario, il Gp di Francoforte e la Classica di Amburgo.

Certo, sono arrivati dei successi parziali nei giri a tappe. In particolare, al Giro d’Italia le vittorie di tappa sono state quattro, con l’olimpionico dell’inseguimento a squadre Jonathan Milan, vincitore anche della classifica a punti nella corsa rosa, Davide Bais, Alberto Dainese e Filippo Zana, a detta di chi scrive la nota più positiva dell’anno italiano. Alla Vuelta Espana ha invece bissato l’ottimo velocista Dainese e c’é stato poi il successo nella prova di a cronometro di Filippo Ganna, autore peraltro di una stagione indiscutibilmente positiva per continuità, visto che sempre alla Vuelta ha sfiorato ripetutamente un altro successo lanciandosi in volate di gruppo, anche sfruttando la presenza di pochi fra i migliori specialisti al mondo nella corsa spagnola, e ha poi fatto benissimo alla Sanremo e bene alla Roubaix, classificandosi sesto. Questi tentativi di provarsi nelle volate di gruppo vanno considerati come esperimenti che il campione piemontese sta facendo, verosimilmente, in vista di eventuali arrivi ristretti di prove in linea nelle alle quali egli può indiscutibilmente ambire.

Al Tour de France, tuttavia, non è arrivato alcun successo di tappa, e sebbene la pattuglia italiana lì presente fosse assai esigua, si tratta del quarto anno consecutivo che questo accade: l’ultimo “acuto” italiano al Tour coincise fra l’altro anche con l’ultimo acuto in assoluto di Vincenzo Nibali in terra francese, a Val Thorens nel 2019. Tuttavia in Francia ha comprensibilmente festeggiato l’ottimo Giulio Ciccone, autore peraltro di una buona stagione nel complesso, (in cui spiccano anche le vittorie parziali al Catalunya e al Delfinato, prove del calendario World Tour) visto che la celebre e simpatica maglia a pois di miglior scalatore mancava all’Italia dal 1992.

Il solo piazzamento fra i primi 10 nelle generale dei grandi giri, per il resto, lo ha racimolato l’inossidabile siciliano Damiano Caruso, quarto al Giro d’Italia (fu secondo nel 2021)

Si diceva di Filippo Zana. Vinta la maglia tricolore nel 2023 sul circuito di Alberobello (quest’anno andata a Simone Velasco, una nota di merito la sua stagione la merita certamente) il vicentino è approdato in una formazione del World Tour, l’australiana Jaico Alula, e si temeva che in quel contesto potesse perdersi. Lo stesso suo direttore sportivo alla “Bardiani”, Roberto Reverberi, una delle colonne del nostro ciclismo, per la capacità di aver dato negli anni spazio a tanti giovani italiani emergenti o in cerca di riscatto nelle sue combattive formazioni, gli aveva consigliato, non senza ragioni, di pazientare un anno almeno. Invece Zana ha corso un Giro strepitoso, diciottesimo nella generale, ma sacrificandosi per i compagni di squadra, e vincitore di una bellissima tappa di montagna in Val di Zoldo. Ha soprattutto corso con grande personalità, ed è per questo, almeno in chiave Giro, il più forte e interessante prospetto italiano per il 2024. Dopo aver vinto anche il Giro di Slovenia, ha chiuso la stagione con qualche piazzamento di rilievo nelle gare italiane.

Oltre ai già citati olimpionici dell’inseguimento a squadre, la certezza Ganna ed il potentissimo velocista Milan, che potrebbe diventare uomo di riferimento assoluto della specialità se troverà compagni in grado di metterlo in posizione di “sparo nelle affollatissime volate di gruppo, e a Danese, va ricordato il grande Lombardia di Bagioli, dal quale si attendono però conferme ad alto livello.

Detto delle vittorie e dei pochi piazzamenti nelle corse più importanti, le emozioni più grandi della stagione le ha regalate forse Alberto Bettiol, autore di una prova coraggiosissima al mondiale di Glasgow, nel quale a 35 km dalla conclusione conduceva da solo la gara, dopo aver lanciato il guanto di sfida alla crema del ciclismo internazionale. E poco conta che alla fine sia arrivato solo decimo o almeno, Bettiol è un corridore che, pur vincendo pochissimo, sa emozionare. Peccato che la sua indubbia classe di corridore di corse in linea non sia supportata da sufficiente continuità o da una squadra che lo metta in condizione di concretizzare maggiormente il suo talento.

Il ciclismo italiano del 2023 è stato sostanzialmente questo.

A cura di Fabio Alfonsetti