La Grande Favorita e quella che non t’aspetti. La squadra che tutti aspettavano, che si era persa, che si è ritrovata giusto in tempo e quella che aveva cominciato piano e timida, troppo, che ha poi cambiato marcia e che ora può giocarsela pure con il vantaggio del fattore campo. La Sampdoria e il Varese: storie diverse e in fondo vicine, lo stesso obiettivo.
IL DOTTOR IACHINI – Aveva un problema, la Sampdoria. Anzi, una vera e propria malattia: la pareggite. Non che con Atzori le cose andassero malissimo ma neanche benissimo (almeno rispetto ai pensieri d’estate), però troppi pareggi, troppi segnali di discontinuità e di scarsa comprensione di un campionato che con la serie A non ha molto a che fare. Ci vuole tutta un’altra testa.
Alla fine della stagione regolare, alla voce pareggi, alla Sampdoria rimane il primato, 16 (come Modena e Grosseto) ma almeno Iachini li ha saputi alternare a più vittorie e assai meno scivoloni. Insomma, anche grazie al cambio di pelle arrivato con il mercato di gennaio, ha trovato la medicina giusta. Quando questa stagione cominciò, dicemmo tutti che Torino e Sampdoria erano davanti a tutto il resto della compagnia. I sedici punti di differenza tra granata e blucererchiati sono un solco molto profondo e sono il racconto di un campionato che, per la Samp, è stato assolutamente diverso a quello che c’eravamo immaginati, ma adesso, pur passando dalla finestra, il modo per fare pace con quei pronostici d’estate c’è.
Deve puntare molto su Marassi, la Sampdoria. Forse tutto. Fare il pieno d’energia che i suoi 30mila tifosi potranno assicurare e farlo sentire agli avversari. Deve appoggiarsi sull’estro di Eder e sulla vena di Pozzi, già 18 gol stagionali. Deve ricordarsi del suo passato, di Vialli, Mancini e dello scudetto, e saperlo trasformarlo in futuro. Perchè il blasone, da solo, non basta.
ALL’INFERNO E RITORNO – Alla fine del campionato 2003/04 il Varese Football Club perdeva lo spareggio play-out di C1 con la Reggiana. Non solo la retrocessione ma pure il baratro, il fallimento. Il buio. Poi il germoglio per ricominciare: l’Associazione Sportiva Varese 1910, in Eccellenza. Un passo alla volta, un mattone dopo l’altro, poi la svolta, nel 2008, con l’arrivo del presidente Rosati e l’intuizione di Enzo Montemurro, allora direttore generale oggi ammimistratore delegato: prendere Sannino. Dal profondo della C2 fino alla promozione e poi un’altra, vincendo i play off della C1. E ancora: le semifinali di un anno fa, contro il Padova, perdendo 1-0 all’Euganeo ma facendosi poi rimontare il 2-0 del ritorno, fino al 3-3.
Il ciclo è finito. Si o anche no. Via l’allenatore dei miracoli, via il direttore sportivo Sogliano, squadra molto nuova, Benny Carbone per svoltare ma non funziona. Poi Maran e tutto ricomincia ad incastrarsi. Sette anni fa a giocarsela con il Parabiago e lo Spino d’Adda, oggi a tanto così da riuscire a regalarsi la serie A dopo 37 anni. Non male per chi era finito all’inferno. Anzi, bastasse inquadrare una partita con quello che le ultime settimane hanno già detto. Il Varese ha molti motivi per sperare che finisca in trionfo. I ragazzi di Maran hanno mostrato gambe toniche, pensieri svegli e, passi per il turn-over di quel giorno, all’ultima di campionato era stato anche abbastanza netto il 3-1 all’Ossola proprio contro la Samp. Erano prove di play-off, a Varese sperano siano state anche l’antipasto di una festa.
[Filippo Montelatici – Fonte: www.sampdorianews.net]