Importante conferenza stampa, dagli uffici milanesi della Tod’s in Corso Venezia, di Diego Della Valle. L’azionista di riferimento (ed ex patron) della Fiorentina torna a parlare di calcio e soprattutto di questioni extra campo. Grazie a Radio Blu siamo in grado di farvi seguire in tempo reale le dichiarazioni di DDV.
Eccolo Diego Della Valle che comincia così: “Sono entrato nel calcio pensando di poter fare grandi cose e poi ho dovuto fare qualche passo indietro vedendo che in questo settore non era possibile. Mio fratello è ancora alla guida della Fiorentina ma è amareggiato da questo mondo. Quando ho chiesto di sederci attorno ad un tavolo, mi auspicavo si potesse andare oltre le polemiche per chiarire la questione Calciopoli e fare un gradino in avanti, ma tutto ha preso la piega da polemica strumentale. La reazione di Moratti si commenta da solo e non ne voglio parlare più. Ma non mi fermerò qui e continuerò chiedendo conto a chi ha istruito un processo senza senso alla Fiorentina.
Sono entrato nel calcio con lo scopo di arrivare ad alti livelli attraverso certi valori, ma ho visto che questo non era gradito da questo mondo, tranne una minoranza di presidenti. Ho fatto un passo indietro ma oggi mi sentirei di dare qualche consiglio, in un momento in cui il nostro Paese non vive un momento facile e vedere che il calcio non aiuta e non dà l’esempio non mi sembra positivo.
Qualunque aspetto riguarda il calcio viene buttato in polemica, secondo me bisognerebbe fermarsi un attimo e andare oltre l’opinione dei singoli presidenti che spesso poi trovano un’intesa accordandosi su un giocatore da acquistare. Se non iniziamo ad andare oltre, valutando il sistema del calcio italiano a livello di organizzazione, di strutture per poter competere con le altre realtà.
Ci sono varie categorie di presidente: quelli per bene, che magari non hanno grande esperienza e poi ci sono quelli per cui il calcio è il loro pane quotidiano con i quali si fa fatica a parlare. E siccome questi soggetti votano, va a finire che le cose non accadono. Prendiamo la questione del contratto collettivo: in questo momento di crisi del Paese, si va verso lo sciopero dei calciatori perchè le cose sono state gestite con un empasse che ha fatto arrivare a questo punto. Conosco i protagonisti con i quali mi sono relazionato quando si discuteva di diritti televisivi: con alcuni si ragiona in modo serio, con altri non è possibile eppure sono sempre a parlare di calcio. Quando li vedo mi viene la pelle d’oca.
Bisogna chiedersi perchè nel calcio ci sono certi soggetti, mentre imprenditori amici miei di livello mondiale, a cui piace il calcio, non ci pensano neanche ad avvicinarsi a questo mondo perchè vedono un’inaffidabilità di base di questo mondo. Bisogna riscrivere le regole del calcio, altrimenti ci ritroveremo ogni anno a seguire il Barcellona come fosse il Circo Orfei, cioè uno spettacolo vero come eravamo noi qualche decennio fa. E si può ritornare a farlo, ma servono progetti veri.
A Firenze ci siamo trovati bene, siamo stati trattati bene anche se poi l’enfatizzazione di alcuni giornalisti ha fatto sembrare le cose diverse da quelle che erano. Siamo in un mondo in cui un calciatore non fa in tempo a dichiarare amore alla nuova squadra, poi magari dopo 4 mesi è spinto dal procuratore ad andarsene. E’ un mondo franco in cui si può dire e fare tutto, non c’è una reputazione ma nella vita la reputazione importante.
Io viaggio molto per lavoro e ovunque viene trasmesso il calcio inglese, spesso il calcio spagnolo mentre quello italiano devi cercarlo col lanternino. Eppure c’eravamo noi prima in vetrina. Ho tanti amici che sarebbero pronti a buttarsi in questo mondo che fa parte della vita degli italiani ma bisogna mettere le cose a posto. E non credo che questo compito possano farlo gli attuali attori, bisogna delegare qualcuno che sa cosa deve fare e stabilisce delle regole guardando il calcio mondiale. E tra le regole dev’esserci un ragionamento, non è possibile che qualcuno compri una società e poi non ha i soldi per far benzina, il calcio ha dei costi. E’ vero che le società sono di chi le compra, ma la proprietà morale è di chi le tifa e troppo spesso va a finire che la squadra finisca maciullata e sparisca, come è successo alla Fiorentina qualche anno fa. Non tutti possono fare i presidenti.
Questi presidenti tutti i giorni si siedono al tavolo e non si arriva mai a nulla, quei pochi che vorrebbero far qualcosa si rassegnano oppure come la Fiorentina sta ai margini di quell’ambiente perchè non condivide quasi nulla. Vi sembra normale che domani non si giochi? Ognuno deve fare a casa sua un piccolo mea culpa e chiedersi cosa è stato fatto negli ultimi 10 anni. La pratica ci dice che il nostro calcio non è più ai vertici e con gli investimenti che stanno arrivando in giro per il mondo ci allontaneremo ancora di più. E poi vedo che qualcuno è disposto a pagare cifre vergognose per un calciatore quando si potrebbero usare per aiutare chi ha bisogno. Ognuno spende i suoi soldi come vuole, ma chi governa il calcio dovrebbe mettere dei paletti per abbassare i prezzi di tutti, per rispettare una moralità.
Il calcio è un’azienda, ma non come le altre. Serve pragmatismo ma serve anche sognare. E per come stanno andando le cose il calcio italiano non può più permettersi di sognare. I tifosi, quelli seri, ci mettono il cuore e hanno bisogno di vedere per la loro squadra un futuro radioso.
Beretta è stato scelto dalla Lega e deve accontentare le persone che lo hanno scelto. Ci vuole invece un organo esterno, come la Consob, che non si preoccupa di accontentare questo o quel presidente ma pensa al bene del calcio. Io ho la frustrazione di uno che pensava che anche in questo ambiente, con determinazione ed energie, si potessero fare cose come ero riuscito ad ottenere in altri settori. Invece nel calcio queste cose non accadono e stamattina ho voluto dire il mio pensiero: il problema parte dal di dentro. E’ una vergogna che in un momento come questo non si trovi neanche l’accordo sul contratto collettivo e si tengano in bilico gli italiani che hanno ben altri problemi. Considero tutto questo contendere una piccola banalità, senza entrare nel merito della ragione.
Oggi il calcio permette a chiunque di comprare una squadra e poter dire quello che vuole con una visibilità incredibile. C’è un 30% dei presidenti che sono d’accordo con me, perchè li conosco, e un buon 50% che la pensa in modo opposto. Ci sono presidenti che non hanno altre capacità imprenditoriali di prendere i soldi dei diritti tv e tirare a campare. C’è chi ha bisogno del calcio per avere visibilità, ma per chi non è abituato la visibilità ubriaca.
Il modello di società non sono quelle inglesi, perchè sono indebitate e quando arriverà il fair play finanziario saranno in difficoltà. Sono esempi come squadra di calcio, ma il resto va rivisto. Gli stadi di proprietà sono importanti, ma solo lo stadio non basta e noi a Firenze abbiamo portato avanti una battaglia su questo.
Esporre questo progetto in Lega calcio? Se me lo chiedono. Prima però dobbiamo farci dire cosa intendono i presidenti per il calcio, se l’unica cosa che conta è prendere un giocatore svincolato in più o meno. La cultura imprenditoriale seria ce l’hanno pochi presidenti.
Un organismo che deve agire senza aver timore di un gruppo di sciamannati o di delinquenti che non sono tifosi. In un mese, con la volontà, si potrebbe formare una governance del calcio. Dovremmo chiedere ai presidenti se vogliamo tutti un calcio italiano che torni competitivo in Italia, che torni ad essere uno spettacolo, che non si faccia condizionare da tre tifosi e che abbia dei tifosi.
Io oramai faccio il tifoso, spero che gli appassionati come mio fratello non perdano questa occasione.
[Simone Bargellini – Fonte: www.violanews.com]