L’operazione Ambrosini può essere letta sotto diversi punti di vista. Alcune qualità del centrocampista prossimo a vestire la maglia della Fiorentina meritano di essere sottolineate, così come sono legittimi almeno un paio di dubbi. Partiamo dai “pro” della trattativa, che richiama altri affari condotti in questi mesi dagli uomini mercato viola: intanto è un costo zero, vera specialità di casa Pradè, come Iakovenko, Alonso e Munua, solo per fermarci a questo mercato. L’ingaggio – circa 800mila euro più bonus – non graverà più di tanto sul bilancio della Fiorentina (tanto per intendersi è leggermente superiore a quello che percepiva Migliaccio nella scorsa stagione). E soprattutto – eccoci al dettaglio più affascinante – a favore di Ambrosini parla una carriera costellata di trionfi e soddisfazioni: 12 trofei vinti con il Milan e un’esperienza internazionale da vendere. Basti pensare al centinaio di presenze collezionate nelle Coppe Europee, di cui 83 solo in Champions League, cioè più di tutte quelle degli altri viola messi insieme. Uno così può sembra poter far comodo eccome, anche nell’ottica di una rosa ricca di alternative e di giocatori dalle caratteristiche diverse.
Ma proprio le peculiarità tecnico-tattiche rappresentano una delle perplessità maggiori sul conto di Ambrosini. Che ha sempre fatto della grinta e dell’aggressività i suoi punti di forza. Un vero lottatore, l’ex capitano rossonero garantisce tanta legna e anche tanti falli, ma nella Fiorentina del “tiki taka” che si è imposta all’attenzione di tutti nella scorsa stagione si fa fatica ad immaginarlo tra i palleggiatori viola. E qui il paragone con Migliaccio, improponibile dal punto di vista della carriera e del palmares, torna invece d’attualità per pronosticare il ruolo di Ambrosini nella rosa di Montella: un’alternativa tattica da giocare a gara in corso, quando magari c’è da difendere il risultato. Oppure una soluzione d’affidabilità quando manca uno degli uomini di qualità. Una “riserva di lusso” insomma e una risorsa per lo spogliatoio in termini di carisma ed esperienza, fermo restando che poi sarà il campo ad alterare le previsioni, in un senso o nell’altro. E conoscendo il tecnico viola, non c’è dubbio alcuno che saprà gestire Ambrosini senza farsi condizionare dal ‘nome’ (ne sa qualcosa Sissoko). Del resto a 36 anni compiuti il 29 maggio scorso e con una carriera che lo ha visto spesso soggetto ad infortuni, è difficile immaginarlo come un titolarissimo della squadra gigliata e la media di 20 presenze a campionato dei suoi ultimi 3 anni accredita questo pensiero.
[Simone Bargellini – Fonte: www.violanews.com]