Riportiamo integralmente la nota del presidente della Serie C Francesco Ghirelli all’indomani dell’assemblea con i 60 club.
ROMA – Che cosa emerge dall’assemblea di Lega Pro? Un’estrema pesantezza della situazione per i club di lega pro, siamo per molti alla fase del non ritorno. Il pericolo della “continuità aziendale” sta materializzandosi. Ogni giorno che passa l’intersecarsi del rischio della chiusura delle proprie aziende di famiglia e i costi da sostenere per la gestione del club di calcio aumenta la gravità della situazione. Un impianto sociale come quello dei club di Serie C è molto vicino al rischio di collasso. In più bisogna rendersi conto che questa situazione si svolge in un momento terribile, per ognuno di noi ci sono domande nella testa che rischiano di far perdere la bussola: il virus ci risparmierà personalmente e risparmierà i nostri cari? Cosa ne resterà della nostra azienda all’uscita dal maledetto virus? E tante altre domande si affollano nel cervello e determinano una situazione di precarietà ed incertezza.
Io, nonostante tutto, anzi proprio perché viviamo questa situazione terribile, seguiterò ad usare un vocabolario dai toni bassi. I toni bassi, oggi, hanno un valore maggiore di risolutezza e consapevolezza rispetto a quelli urlati o stupefacenti per gli astanti. Indicano chiarezza nel percorso da seguire, direzione precisa ed anche necessità di chiarire che per trovare la soluzione che risolva questa grave situazione bisogna tener presente i veri problemi. Il primo elemento che abbiamo acquisito con chiarezza è il fatto che, in pochi giorni, siamo passati dalla necessità di farsi carico di SACRIFICI a quella odierna che chiede di farsi carico di GRANDI SACRIFICI. Se la Cassa Integrazione in deroga già ci fosse (dobbiamo ancora acquisire la certezza che sia disponibile per gli sportivi professionisti sotto i 50.000 € lordi, dobbiamo, ben che vada, attendere fino alla promulgazione del Decreto Cura Italia 2, che dovrebbe essere tra il 10 e il 13 di aprile pv) il clima sarebbe meno tempestoso.
Il fatto che alcune dichiarazioni di esponenti dell’Aic siano andate in senso contrario alla possibilità di usufruirne, ha determinato un’aspra reazione perché è stata percepita come la mancanza di comprensione della profondità e gravità della crisi dei club. Vorrei , altresì, rispondere ad alcuni concetti contenuti nelle interviste di Umberto Calcagno “ Basta strumentalizzare l’emergenza….” “ Demagogia…” riferita al taglio degli stipendi. “ Il conto non possono pagarlo solo i calciatori”. Ho premesso che userò un vocabolario dai toni bassi. Aggiungo che, in queste settimane, sto cambiando il mio caratteraccio; agli ultimatum, agli urli ero sempre pronto a rispondere senza se e senza ma. Oggi, io che ho l’onore e l’onere della governance, sempre pro tempore, devo provare a portare tutti i miei al di là dei crateri prodotti da questo maledetto, subdolo e silente virus e so che non devo dare peso alle urla e agli strepiti per le ragioni di cui ho scritto sopra, rispetto agli effetti che la crisi produce. Per esempio, qualcuno dei miei avrebbe più gradito che rispondessi con toni alti, io in generale ho il mio stile ed , oggi, ancor di più. Poi so che chi abbaia non morde.
Nessuno pensa che debbano pagare i soli calciatori. Il vero pericolo e rischio concreto è che in questa crisi planetaria i proprietari rischiano di veder fallire le proprie aziende e trovarsi con le “pezze al….”. Questo è il vero punto centrale del ragionamento che necessita di un cambiamento di approccio. Il calciatore potrebbe trovarsi senza più le società e quindi, anche lui, senza lavoro. Ecco perché c’è bisogno di grandi sacrifici per salvare il calcio. È finita una stagione, per i calciatori della Serie C non dorata come quelli della Serie A, ma migliore degli operai che sono già in cassa integrazione e che sono grati per ricevere tale aiuto (non è demagogia). Il problema vero e che occorre comprendere con chiarezza, e prima lo si capisce e meglio è, che il dopo virus determinerà un DISASTRO con la possibile scomparsa di un numero preoccupante di club. Questa situazione va governata giorno per giorno perché muta continuamente e rapidamente.
Non ho nulla da nascondere, avevamo fatto una trattativa, sono andato in assemblea ed è emersa una situazione al limite della rottura delle aziende calcio. Così come il racconto dei presidenti che vivono nel cratere della tragedia prodotta dal virus mi ha fatto ancor più capire come la salute deve essere salvaguardata e il calcio sparisce nelle priorità attuali degli uomini e delle donne. Bisogna tornare a sedersi e abbiamo l’obbligo morale e civile di trovare una soluzione, non ho usato il termine accordo perché evoca troppo l’idea di trattativa sindacale. Dopo la guerra c’è la pace, dobbiamo ricostruire il giocattolo del gioco del pallone altrimenti non ce ne sarà per nessuno”.