Il Giro si riscopre “moderato”

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stage list 2024 giro ditalia

Un percorso equilibrato, senza alcuna fra le salite terribili che hanno caratterizzato abitualmente la Corsa Rosa ma con due cronometro individuali, aperto a tante soluzioni ma con un’incognita fondamentale: chi sarà al via fra gli aspiranti alla classifica generale?

Quello che andrà in scena dal 4 al 26 maggio 2024, purtroppo con una collocazione sempre più anticipata in calendario (con tutti i rischi legati al cattivo tempo che questo comporta, come si è visto nelle ultime edizioni) sarà l’edizione numero 107 del Giro d’Italia, 3321 km per congiungere Torino a Roma, confermata sede d’arrivo rispetto allo scorso anno, in un percorso che, ad una prima rapidissima occhiata, ha il pregio di non proporre partenze dall’estero ma anche il difetto di trascurare quasi completamente il sud Italia.

Passiamo in rassegna il percorso prima di proporre una valutazione dello stesso.

Si parte con ben tre tappe in terra di Piemonte, su strade già impegnative, visto che se l’arrivo della prima tappa di Torino prevede l’impegnativo Colle della Maddalena a 20 km dall’arrivo, la seconda tappa vede addirittura un arrivo in salita, presso il ciclisticamente celebre Santuario di Oropa, sede di quella incredibile rimonta messa a segna da Marco Pantani nel 1999. Ma anche il traguardo di Fossano pare tagliare fuori dai giochi, per lo meno, i velocisti puri, i quali però potrebbero avere a disposizione sulla carta tutte e tre le successive tappe, quelle con arrivo ad Andora, in Liguria, a Lucca e a Rapolano Terme, sempre in Toscana, in quest’ultimo con qualche dubbio.

Il primo fine settimana della Corsa Rosa 2024 propone un programma interessante: si comincia venerdì, con una cronometro tutta in terra umbra, da Foligno a Perugia. 37 km con un dislivello significativo negli ultimi 7, ben 400 metri, dove presumibilmente si farà la differenza.

Il giorno dopo è invece previsto un arrivo impegnativo sulla salita abruzzese di Prati di Tivo, 14 km al 7,2% di pendenza. La tappa con arrivo a Napoli di domenica 11 maggio, richeiderà ai corridori molta attenzione non già per il dislivello proposto per la particolarità delle strade che circondano il capoluogo campano, come dimostrato nelle ultime edizioni.

Il primo giorno di riposo farà da preludio, nella tappa con partenza da Pompei, al secondo arrivo in salita sugli Appennini, l’inedito Cusano Mutri-Bocca della Selva, in provincia di Benevento. 18 km di salita non irresistibili ma in una tappa molto accidentata. Con l’arrivo di Francavilla al Mare torneranno di scena certamente le proverbiali “ruote veloci del gruppo”, mentre la tappa successiva, con arrivo a Fano, offre il solito andamento schizofrenico proposto dai percorsi marchigiani, pieni di strappi brevi ma assai impervi, proponendosi come terreno favorevole agli attaccanti di giornata ma richiedendo, come Napoli, estrema attenzione anche agli uomini da classifica generale.

Il piattone della tappa padana con arrivo a Cento sarà l’occasione per recuperare le energie in vista di un doppio, importantissimo appuntamento: la seconda cronometro individuale attorno al Lago di Garda, 31 km per gli specialisti delle lancette al sabato, e l’arrivo ai 2385 metri di Livigno-Mottolino la domenica, dopo aver affrontato una doppia scalata impegnativa al termine di quella che sarà anche la tappa più lunga della corsa, 220 km.

Dopo il secondo giorno di riposo si riparte con una tappa bizzarra: i 202 km da Livigno a Santa Cristina in Valgardena (da non confondersi con l’omonima salita della Valtellina) vedono le difficoltà concentrate tutte all’inizio e alla fine della corsa. Nella prima parte si scalerà sua maestà il Passo dello Stelvio, con la sua immortale serie di tornantima certamente sacrificato nella collocazione. Lunghissima discesa e passaggio da Bolzano prima di affrontare un finale di corsa inedito ma che non appare molto selettivo, in base ai dati delle pendenze in programma.

Da Selva Val Gardena al Passo del Brocon invece, ai ciclisti e agli appassionati sembrerà di essere catapultati direttamente ai tempi dei trionfi di Bartali, con salite i cui nomi tornano ripetutamente nelle cronache di quel periodo tanto epico: Passo Sella, Passo Rolle, Passo Gobbera prima della doppia scalata al Brocon, da due versanti diversi, su salite non impossibili ma dal fascino vintage.

Padova offrirà un’altra occasione ai velocisti prima delle ultime tappe di montagna: l’arrivo a Cima Sappada richiama alla memoria il celeberrimo episodio della faida interna alla Carrera del Giro 1987, quello nel quale l’irlandese Roche mosso un attacco proditorio alla maglia rosa di Roberto Visentini, portandogliela via. La tappa non appare molto dura, proponendo le pendenze più impegnative sul Passo Duran, a 50 km dall’arrivo, più che all’arrivo, ma con la possibilità che proprio il Duran faccia esplodere il gruppo. Il penultimo giorno offre una suggestiva doppia scalata al Monte Grappa, salita di tutto rispetto (18 km all’8% di pendenza media) prima dell’arrivo a Bassano, al termine di una discesa impegnativa.

Previsto poi, per l’ultima tappa, un tarsferimento aereo verso Roma, sulle cui strade si affronterà la meravigliosa kermesse di un Giro come, onestamente, non ne ricordiamo nei tempi recenti.

E’ un Giro che non affronta alcuna salita con pendenze estreme, delle quali l’Italia è ricca e per le quali il Giro d’Italia si era contraddistinto, in una ricerca in alcuni casi anche parossistica ed esagerata dei strade con pendenze da capre. Non saranno affrontati, nel Giro 2024, nessuna fra Mortirolo, Zoncolan, Alpe di Pampeago, Fedaia, Blockhaus o Plan de Corones. Gli arrivi in salita saranno sette, ma non su montagne mitiche. Si fa fatica anche ad individuare una vera e propria tappa-regina per le sue difficoltà, che saremmo tuttavia portati ad individuare in quella sulle dolomiti venete con le salite dei tempi che furono, proprio perché sa di antico.

Non dispiacciono, e ci sembrano anzi opportune nel percorso di un grande giro, le due cronometro individuali, con complessivi 65 km. Ed anche in questo non possiamo non notare una stramba inversione dei gusti: il Tour de France nelle ultime edizioni ha praticamente dimenticato l’esercizio della cronometro, che storicamente ne caratterizzavano il percorso in maniera spesso ampiamente esagerata, cercando salite inedite e anche molto impegnative, da affiancare ai suoi mostri sacri.

Il Giro invece riscopre le cronometro (ce n’erano due individuali anche nel 2023, sebbene la seconda con il terribile arrivo sui Monti Lussari) e sacrifica la sua vena più oltranzista.

Anche i numeri parlano chiaro: nel 2024 ci saranno 8500 metri complessivi in meno di dislivello rispetto al 2023 (43000 contro 51.500) mentre al Tour e alla Vuelta di quest’anno ne sono stati affrontati rispettivamente 56000 53000.

Intesi, non esiste nessun assioma fra numero di salite e qualità tecnica dello spettacolo offerto da una gara, perché esso dipende da tanti fattori, dall’intraprendenza e dalla condotta dei partecipanti prima di tutto. A questo proposito, la domanda finale è la seguente, peraltro prevedibile: chi sarà presente fra i migliori ciclisti al mondo al prossimo Giro d’Italia.

E’ noto come le speranze degli organizzatori siano in gran parte legate al sì di Tadej Pogacar. Se dovesse arrivare il fuoriclasse sloveno, tutto il resto finirebbe in secondo piano, a partire dall’assenza certa di colui che negli ultimi anni lo ha spodestato dalla cima del Tour de France, il danese Vingegaard, così come di molti fra gli altri big del momento, compresa la maglia rosa uscente Roglic ed Evanepoel, tutti concentrati sulla corsa francese.

Ma se dovesse arrivare Pogacar, si correrebbe fin dal primo km per il secondo posto.

Un rovescio della medaglia che in tanti non considerano.

A cura di Fabio Alfonsetti