Umiliazione Lazio. Un Verona pratico, divertente e sbarazzino si fa beffe dei resti della sgangherata truppa biancoceleste. L’ultima partita dell’anno regala solo dispiaceri, nella rovente bolgia del Bentegodi, i famelici Mastini fanno la voce grossa e per le Aquile, mai rapaci, è buio pesto. Imbottigliati in qui pro quo tattici e continui cambiamenti di schieramento. Schiavi di tenori fumosi e mai concreti, i capitolini cedono 4-1 e vedono scappare gli scaligeri a più 9 in classifica. Dominante mai, doma sempre, quantomeno lontano dalla Capitale. Le idee, quelle chiare, nel calcio contano, forse più degli investimenti in sede di mercato. Lo dimostra l’organizzazione di gioco dell’Hellas infusa ai suoi da Andrea Mandorlini. Semplice, cristallina, attendista senza la palla tra i piedi, spietata poi, una volta in possesso di sfera. Questa è una squadra, quella laziale, che nulla ha da invidiare alla tanto bistrattata Roma di Luis Enrique o di Zeman. Spocchiosa senza un valido motivo, fragile di testa, vacua la qualità. Di spirito d’abnegazione neanche l’ombra. Certo, il Petko pensiero non regala certezze, non dispensa tranquillità, ma le prove inanellate dai giocatori appaiono indecorose. Ora la sosta, urge un esame di coscienza.
FORMAZIONI – Reduce dal successo casalingo contro il Livorno, che non ha del tutto rasserenato l’ambiente, Petkovic si affida di nuovo al 4-3-3. Tra i pali Marchetti, linea difensiva composta da Konko e Lulic, in sostituzione dell’indisponibile Radu, a presidio delle fasce, con al centro la coppia Cana-Dias. Cerniera centrale di centrocampo affidata al senso di posizione di Ledesma, diga davanti alla retroguardia, affiancato da Onazi e Biglia. Klose unica punta, appoggiato da Candreva ed Ederson, libero di svariare tra le maglie dell’Hellas. Consueto 4-3-3 anche per gli scaligeri di Andrea Mandorlini, galvanizzati dall’ottimo rendimento interno. Confermata la formazione prospettata alla vigilia, con la linea di difesa formata da destra a sinistra da Cacciatore, Moras, capitan Maietta e Agostini. Il trio Romulo, Jorginho ed Hallfredsson a dare equilibrio e sostanza nella zona nevralgica del campo, con Toni primo ed unico riferimento centrale avanzato, pronto ad innescare il genio funambolico del Messi Guarani Iturbe da una parte e gli inserimenti in zona gol dell’ex eugubino Juanito Gomez Taleb.
PRIMO TEMPO – La Serie A si avvicina a passi ampi al giro di boa, al Marcantonio Bentegodi di Verona i padroni di casa gialloblù incrociano le Aquile capitoline, sbarcate in riva all’Adige per invertire la rotta che li vede protagonisti di una sola affermazione lontani dallo Stadio Olimpico nell’anno solare che si avvia al tramonto. Erba mista a sabbia, il rettangolo di gioco sito in Piazzale Olimpia in condizione pessime limita il fraseggio stretto ed il gioco palla a terra. Poco male, per gli uomini di Mandorlini. Pronti, via, calcio di punizione pennellato da Jorginho per la testa del bel Toni che svetta indisturbato. Dias bruciato sul tempo, Marchetti trafitto sulla propria destra, dopo 5 primi è già 1-0. La mazzata è di quelle fragorose per le casacche biancocelesti, prive di nerbo, tanto che al 12’ Iturbe approfitta di uno scivolone di Lulic per involarsi verso la porta laziale, ma il suo diagonale è respinto dal numero 22 capitolino. L’Hellas sfonda con costanza sul proprio out di destra, né Lulic, né Ederson riescono a prendere le giuste contromisure alla mobile e frizzante catena composta da Cacciatore, Romulo ed Iturbe. Latitano trame di gioco, Candreva è il solo a tentare di suonare la carica con iniziative personali sulla fascia. Da una sua giocata nasce la prima occasione appetitosa di marca capitolina, ma Maietta respinge miracolosamente sulla linea la zampata di Klose, lesto ad approfittare di una proverbiale papera di Rafael sugli sviluppi di un innocuo cross scagliato da Ederson. Prove generali di pareggio. Minuto 27, tiro dalla bandierina di Candreva, Lucas Biglia trova tempo e pertugio giusto e di testa impatta. È il primo gol del volante della Seleccion con la maglia dell’Aquila addosso. La pioggia comincia a battere con insistenza il terreno di gioco, l’azione della Lazio aumenta d’intensità e costringe l’undici gialloblù ad abbassare il proprio baricentro. I Butei sugli spalti comprendono il momento delicato, al Bentegodi il sole si nasconde timido ma la temperatura si alza considerevolmente. La prima frazione di gioco sembra scivolare via senza particolari sussulti, fino al calcio da fermo-capolavoro griffato Iturbe. Fiondata dai 30 metri, Marchetti si muove colpevolmente in ritardo, sfila la sfera ed i gialloblù si regalano il sorpasso al 44’.
SECONDO TEMPO – Lazio in pressione all’uscita dagli spogliatoi, prima Cana poi Andrè Dias, entrambi sugli sviluppi di corner, impegnano subito il brasiliano Rafael che d’istinto rispedisce al mittente le offensive laziali. I biancocelesti detengono il pallino del gioco, Jorginho e compagni accettano la situazione, serrano le fila in ripiegamento e cercano di tramortire l’avversario in ripartenza. Nel corso di una di queste, il suggerimento di Gomez libera Luca Toni al tiro, ma la sua conclusione si spegne al lato dando solo la sensazione della segnatura. I Mastini scaligeri non smettono di presentarsi ripetutamente dalle parti di Marchetti. Prima è ancora Toni ad impensierire il portiere bergamasco in girata, la retroguardia disegnata da Petkovic sbanda. È il preludio alla rete del 3-1. Un incontenibile Toni fa arrossire la coppia centrale di difesa della Lazio, il suo diagonale è fiacco e fuori misura, un cioccolatino però per l’accorrente Romulo che deposita in rete e prosegue la corsa verso gli accesi supporters gialloblù. Petkovic, che aveva sganciato al 60’ Keita richiamando a sé Biglia, in confusione. Lazio lacerata dagli strappi esterni dei dirimpettai. La bolgia al 69’, il Bentegodi in piedi ad acclamare il folletto Iturbe, colui che sta infiammando la città della famosa Arena. Floccari è la seconda carta giocata dal tecnico di Sarajevo, probabilmente alla sua ultima figuraccia alla guida del club di patron Lotito, in luogo di uno spento Ederson. Lazio a trazione anteriore, la musica non cambia. Il minuto 78 fotografa la situazione che da mesi i tifosi capitolini sono costretti a sopportare. Solita ficcante ripartenza, questa volta di Jorginho, scivolano in successione prima Onazi, poi Cana. La strada si apre al regista italo-brasiliano che serve intelligentemente Toni nel cuore dell’area. L’ariete di Pavullo nel Frignano non sbaglia. La Lazio si accascia, bastonata e malridotta. Sipario. Il fondo.
[Matteo Botti – Fonte: www.lalaziosiamonoi.it]