I mali della Roma

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Partiamo da un presupposto: la Roma è una squadra malata. Quali sono i problemi che la affliggono? Innanzitutto la preparazione atletica. Sin dal ritiro di Riscone di Brunico si è capito che la squadra non stava mettendo la giusta benzina nel serbatoio come aveva fatto negli anni spallettiani. Simone Perrotta, in conferenza stampa, disse che voleva vedere che effetti avrebbe avuto sulla squadra questo tipo preparazione su di lui e sui suoi compagni. Forse era un campanello d’allarme, il primo di una lunga serie. Poi l’allenatore: Ranieri lo scorso anno usufruì del lavoro svolto in estate dal suo predecessore e con qualche accorgimento, riuscì a far arrivare i giocatori alla fine del campionato in buone condizioni.

Tatticamente la Roma ha fatto notevoli passi indietro; non solo rispetto a quella di Spalletti ma anche rispetto alla squadra che l’anno scorso lo stesso mister di San Saba portò ad un passo dal quarto titolo della sua storia. Non c’è più un calciatore che si muove senza palla, non esistono sovrapposizioni, i cross sono sempre messi in maniera approssimativa. Sui calci d’angolo, l’unico schema evidente è il passaggio al compagno che arriva a rimorchio e tira in porta, un esempio ne è il gol di Mexes realizzato col Cluj e sfiorato più volte col Parma, come accadeva in passato quando la Roma segnò con lo stesso difensore contro il Milan in campionato e l’Inter in coppa Italia.

In fase difensiva, nella passata stagione, Ranieri era riuscito a trovare un equilibrio alzando il baricentro e mandando spesso gli avversari in fuorigioco. Fino all’ultima gara di Parma, quest’anno non si era mai rivista la difesa giocare in questo modo. Proprio contro i gialloblu, grazie ad una prova maiuscola di Mexes, il reparto arretrato ha ricominciato a difendere più alto ed a seguire le indicazioni del francese. A centrocampo, Pizarro, sino alla scorsa stagione, non aveva neanche bisogno di cercare con lo sguardo il compagno, sapeva che era lì ad aspettare il passaggio che puntualmente arrivava. In quest’inizio di campionato, il Peq è costretto a tener palla e ad attendere un movimento di qualcuno che non c’è quasi mai, aumentando così di perder palla e di far brutta figura.

Le scelte discutibili dell’allenatore, esempio metter in campo sempre gli stessi giocatori, rischiando infortuni e ricadute come nel caso di Taddei, ma anche di Perrotta e De Rossi, non aiutano a cementare il gruppo, poiché gli altri centrocampisti non si sentono titolari aggiunti ma vere e proprie riserve. Simplicio e Brighi vengono impiegati solo quando non se ne può fare a meno o per difendere non si sa quale risultato o su quale avversario, spauracchio di turno. In attacco le uniche certezze sono Totti e Borriello, il primo perché capitano e l’unico in grado di lanciare il napoletano coi tempi giusti, l’altro perché ha già dimostrato di avere grande feeling con la porta. Magari accanto ai 2 sarebbe il caso di dare maggior fiducia a Jeremy Menez o a Mirko Vucinic così da avere un altro giocatore tecnico in appoggio.

La Roma non può giocare con la difesa a 3 (vedi match col Napoli) e col 4-4-2 per mancanza di esterni. La speranza è che mister Ranieri riesca a raddrizzare questa situazione, che oramai sta diventando pesante anche da un punto di vista psicologico oppure prenda una decisione drastica e si dimetta. A quel punto, però, bisognerebbe cercare un sostituto all’altezza per 6 mesi e la soluzione interna sarebbe quella più percorribile ma anche la più pericolosa.

[Massimo De Caridi – Fonte: www.vocegiallorossa.it]