Il Campionato di Serie A persiste nel percorrere il binario dell’incertezza, dell’equilibrio sproporzionato, immettendosi nel vagone dell’irrazionale. Non vi è ancora un padrone in grado di far rispettare le leggi poste dagli avi, non vi sono servi cui fa ricadere i propri poteri.
Vi è l’anarchia, dove tutti aspirano al banchetto della gloria. L’unica eccezione in questa convivenza di contraddizioni ai principi tradizionali è l’Inter, già in possesso delle chiavi del castello dorato, anche se è ben lontana dallo scorgerlo. Al momento ne condivide il possesso (ma non la proprietà) con la Lazio, nelle vesti più che altro di damigella d’onore.
Poi, più in là, vi è la massa, che pare decisa a destabilizzare le antiche gerarchie nobiliari, come Chievo e Brescia, che stanno approfittando del ritardo dell’esercito, che sta perdendo tempo per essere radunato. Ma quando questo sarà sopraggiunto non vi sarà più tempo e spazio per insurrezioni, e dovranno inevitabilmente soccombere.
D’altronde, sinché l’esercito non verrà disarmato non vi saranno mai chance di averla vinta. Fra l’aristocrazia che al momento sta subendo la rivolta del proletariato vi è persino la Juventus, ancora lontana dal possedere una vera identità. Ieri, abbandonando metafore e paralleli…da favola, il team di Del Neri, dopo la scoppola casalinga contro il Palermo, ha inscenato un match a doppio senso, ovvero devastante in avanti, pur facendo leva sui gol di centrocampisti e difensori, e sprovveduto in difesa, con i soliti passi di danza scriteriati da provocare gli attaccanti di turno.
Una squadra che risente della mancanza di un vero leader della retroguardia, di gente di caratura internazionale (Chiellini? No grazie). In avanti manca un centravanti di sfondamento, i cui panni non pare vogliano indossare Amauri e Iaquinta, abulici più che mai. Senza Del Piero e Quagliarella manca colui che la mette dentro. C’era Trezeguet, ma si è deciso, assai improvvidamente, di liberarsene. Ed intanto il francese fa faville in Spagna…