Parlare del 4 maggio 1949 e della tragedia di Superga dove perirono i giocatori del Grande Torino insieme agli accompagnatori, ai giornalisti e ai membri dell’equipaggio dell’aereo che trasportava la squadra di ritorno da Lisbona, dove aveva disputato un’amichevole in omaggio al capitano del Benfica Françisco Ferreira, non è facile perché si toccano sentimenti radicati che sono collettivi, ma allo stesso tempo personali e quindi intimi. Parlare del Grande Torino vuol dire occuparsi di una parte della Storia d’Italia perché quella squadra ha incarnato la rinascita dell’intera Nazione dopo la seconda guerra mondiale, perché il Grande Torino con i suoi successi rappresentava l’orgoglio di un popolo che usciva sconfitto dal conflitto bellico non per sua volontà. Parlare di quegli uomini che sono diventati Leggenda non solo per i tifosi del Toro, non solo per gli amanti del calcio, non solo per i cittadini torinesi, non solo per gli italiani è al tempo stesso impegno gravoso, ma anche grande gioia.
Valerio Bacigalupo, portiere; Aldo Ballarin, terzino; Dino Ballarin, terzo portiere; Emile Bongiorni, centravanti; Eusebio Castigliano, mediano; Guglielmo Gabetto, centravanti; Ruggero Grava, ala e centravanti; Giuseppe Grezar, mediano; Ezio Loik, mezz’ala; Virgilio Maroso, terzino; Danilo Martelli, mediano e mezz’ala; Valentino Mazzola, mezz’ala; Romeo Menti, ala; Pietro Operto, terzino; Franco Ossola, ala e centravanti; Mario Rigamonti, centromediano; Julius Schubert, mezz’ala. Egri Erbstein, allenatore e Leslie Lievesley, allenatore in seconda. Questi uomini sono diventati Leggenda perché solo il destino avverso li ha fermati.
Il Grande Torino dal 1942 al 1949 vinse cinque scudetti consecutivamente segnando 408 reti. L’undici maggio del quarantasette la Nazionale giocò schierando dieci giocatori su undici del Torino nella partita con l’Ungheria vinta tre a due grazie ai gol di Loik e alla doppietta di Gabetto. Nella stagione ‘47-‘48 i granata realizzarono il miglior punteggio in classifica conquistando sessantacinque punti e il massimo distacco, sedici lunghezze, dalle seconde Milan, Juventus e Triestina. In quello stesso campionato il Torino ottenne la vittoria casalinga con maggior scarto dieci a zero sull’Alessandria ed anche la vittoria in trasferta con più reti realizzate, a farne le spese fu la Roma che incassò sette gol. Ma i record in quel campionato furono anche altri: il più alto numero di partite vinte fra le mura amiche diciannove su venti, il maggior numero di punti conquistati in casa trentanove su quaranta e il massimo numero di reti in campionato centoventicinque.
Come ogni anno dal 1949 nella basilica di Superga ci sarà la commemorazione funebre. Oggi alle diciassette Don Aldo Rabino, il cappellano del Torino, officerà la messa e a seguire il capitano dell’attuale squadra granata, Rolando Bianchi, accompagnato da tutto il Torino Fc, dai tifosi e da tutti coloro i quali vorranno rendere omaggio al Grande Torino si recherà davanti alla lapide, posta nel punto dove l’aereo impattò contro il terrapieno della basilica, per leggere i nomi dei defunti. Nel silenzio del raccoglimento la voce commossa di Bianchi si leverà al cielo ed alla fine sembrerà di sentire lo squillo della tromba di Bolmida, il trombettiere del Filadelfia – stadio e casa del Grande Torino e di tutti i tifosi del Toro, abbattuto il 10 aprile 1998 e in attesa di essere ricostruito – e capitan Valentino Mazzola si rimboccherà le maniche per guidare la squadra con determinazione alla vittoria, perché il 4 maggio non è solo commozione per chi è stato strappato alla vita troppo presto, ma anche il momento per ricelebrare i successi di quella straordinaria e unica squadra con la speranza che gli Invincibili trasmettano un po’ del loro tremendismo all’attuale Torino che è ad un passo dal tornare in serie A.
[Elena Rossin – Fonte: www.torinogranata.it]
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