SITUAZIONI TROPPO CHIARE – Giusto però iniziare dall’ultimo episodio di questa sfida: il rigore negato a Ranocchia per trattenuta sulla riga dell’area a cura di Astori (già ammonito, ndr). C’è chi dice che non ci si dovrebbe aggrappare ai singoli casi, ma al 92’ è altamente improbabile giudicare questo contrasto come ‘poco determinante’. Non si spiega come Giacomelli, all’esordio con una big (un tempo fischiando così si faceva carriera…), abbia fatto finta di nulla, e con lui Palazzino (giudice di linea) e Viazzi (assistente). Non è un errore che si può interpretare, un po’ come accaduto a Torino due settimane fa. Normale che i nervi saltino di fronte a uno scempio del genere sul tramonto della partita, 2 punti in meno alla lunga pesano, eccome: la classifica la fanno anche e soprattutto queste situazioni poco chiare. Anzi, forse troppo.
RITORNO IN PICCOLO STILE – Ma prima del delitto finale, la squadra di casa ha mostrato enormi difficoltà. Forse non ci si aspettava un Cagliari così combattivo e padrone della situazione, oppure ci si è cullati troppo sugli allori del gol di Palacio. Fatto sta che per lunghi tratti gli ospiti hanno dettato i tempi, costringendoci a un’attesa passiva del pareggio nella speranza che qualche congiunzione astrale lo evitasse. Male in difesa, proprio nel giorno della ricomposizione del terzetto di ferro, di carta per l’occasione. Male Juan, può capitare. Forse la testata con Nenè, che ha messo k.o. l’attaccante, ha impaurito il giovane centrale, che è diventato l’anello debole della filiera danneggiando l’intera catena. Nulla di clamoroso, nessuna croce su Juan ma solo un’esperienza in più sul suo curriculum.
FRENESIA A PALATE – A questo si aggiunge la reazione scomposta, a livello tattico-emotivo, di un’Inter che da eccessivamente rilassata diventa troppo frenetica, dimenticando il giusto mezzo. Un baricentro alzato senza criterio, quasi a voler rimediare subito al pari di Sau, è invece il lasciapassare per la doppietta dell’attaccante di Pulga, episodio che elettrizza ulteriormente gli animi dei nerazzurri. Iniziative fuori da ogni logica tattica, giocatori che si pestavano i piedi o tentavano sempre l’uno contro uno, faticosi rientri difensivi. Insomma, tutto tranne quello che si prova normalmente in settimana. Anche il pareggio è nato dalla casualità, stimolato dall’unica giocata degna di nota di Alvarez. Proprio il meno accreditato. Nervosismo alle stelle soprattutto in Cassano, che ha sbraitato più di una volta contro gli arbitri infierendo sulla propria lucidità. Se poi Stramaccioni si fa espellere (deve essere proprio Fantantonio a calmarlo!), significa che qualcosa di insolito si respirava nell’aria.
UN’IMMAGINE VALE PIU’ DI MILLE PAROLE – A proposito di Stramaccioni: per lui è la prima espulsione da quando allena la prima squadra, una sorta di battesimo. E non che in passato non ci fosse andato vicinissimo. Stavolta forse ha letto male la partita, un centrocampo più solido forse avrebbe aiutato di più la manovra d’attacco. Ma la tentazione tridente è troppo forte, lo si può capire. Dopo il match, magari, avrebbe voluto rompere il fioretto che gli impone di non commentare gli arbitraggi, per fortuna è stata la società e levarlo d’impiccio annunciando il silenzio stampa. Scelta sofferta, ma necessaria considerato quanto accaduto negli ultimi tempi. Persino il sito ufficiale, solitamente istituzionale, ha sparato in primo piano il fermo immagine del contatto Astori-Ranocchia. Gesto che vale più di mille interviste o dichiarazioni.
SAPORE D’ALTRI TEMPI – Ma il silenzio non è sempre d’oro, o meglio non trasmette al 100% il messaggio di chi decide di non parlare. Ecco perché questa responsabilità se l’è presa il lider maximo dell’Inter, Moratti, che stavolta ha accantonato la sua proverbiale diplomazia e ha preso bene la mira. E probabilmente non esiste tifoso interista al mondo che non firmi e controfirmi le parole di un presidente amareggiato ma, soprattutto, infastidito dall’atteggiamento intimidatorio (che significa ‘voi dell’Inter dovete stare zitti’?) e volutamente ostruzionistico della classe arbitrale nei confronti della sua squadra. È la volontà il concetto chiave del discorso: come Tagliavento, che non ha voluto espellere Lichtsteiner a Torino, anche Giacomelli e Banti hanno deciso deliberatamente di interpretare contro i nerazzurri episodi chiave e fin troppo trasparenti. Un rigore, qui, una mancata espulsione lì, un’ammonizione in mezzo e la classifica viene ridisegnata. Tante piccolezze che alla fine pesano come macigni. Un po’ come accadeva in passato, prima che si scoprisse il lerciume nascosto sotto il tappeto. Bei tempi, quelli. Sì, ma per gli altri.
[Fabio Costantino – Fonte: www.fcinternews.it]
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