Una vittoria quasi ‘hegeliana’, a volerla dire in maniera filosofica. Una vittoria che, come molte teorie del pensiero del celeberrimo filosofo tedesco, si è basata su tre momenti in novanta minuti: il momento della sofferenza, del mezzo passo indietro, con una Lazio che teneva il campo (ma era campo?) in maniera quasi impeccabile, e cinica a colpire con Rocchi che si infila in mezzo tra Samuel e Lucio e fulmina Julio Cesar. Dal gol di Milito, arrivato dall’unica giocata davvero illuminante di Alvarez, fino al gol di Pazzini (irregolare, ok, ma anche Biava ha fatto una bella dormita e ricordiamoci di quel gol annullato a Motta sette giorni fa) è arrivata la fase della rivoluzione, dell’Inter che torna in campo con ben altro spirito, che va ad azzannare, grazie al cambio del modulo col rombo a centrocampo. Arrivato il vantaggio, nuovo rimescolamento: serrare le fila e controllare, Pazzini unica punta, mediana e difesa più compatta. È la fase della gestione, che a parte la svista che porta Klose a sfiorare il pareggio vede un’Inter guardinga quanto basta per gestire, anche in affanno (ho visto Lucio e Samuel passare giornate migliori, devo dirlo), il successo, l’ottavo consecutivo contando anche la Coppa Italia, che vale il sorpasso proprio ai danni degli aquilotti.
Non un’Inter brillante, ma ormai a Claudio Ranieri, lo abbiamo capito, questi discorsi scivolano via da dove piovano (anche se ieri ha fatto parecchia autocritica per la prestazione). Piuttosto, è giusto notare che in questo successo dialettico c’è stata una chiave di volta fondamentale, quella che ha contraddistinto il loop da uno stato all’altro: il suo nome è Wesley Sneijder. Quell’olandese che sembrava diventato un oggetto misterioso è uno cui basta poco, davvero poco, per infiammarsi. Il suo innesto col conseguente cambio di modulo vale la svolta della gara: il numero dieci corre, si sbatte, moltiplica la produzione offensiva della squadra, anima il gruppo e strappa applausi a suon di giocate mirabolanti. Poi, chiaro, l’azione del gol nasce da un colpo di testa di Lucio e da un errore del guardalinee Marzaloni, ma inevitabilmente il pepe giusto quando serve ce lo mette lui. E quelle sue parole nel dopo-partita (“Io sono felice all’Inter”), valgono tanto specie considerate le continue chiacchiere soprattutto di stampo inglese.
Sneijder pronto quindi a riprendersi nuovamente l’Inter, a rappresentare un felice problema per Ranieri visto che ancora la compatibilità con Alvarez non è ancora stata comprovata. E come si è vista l’importanza di uno Sneijder, si è vista anche l’importanza di chi non si è visto: ovviamente, si parla di Thiago Motta, il cui futuro pare in bilico malgrado tutti, ma proprio tutti, si spendano per la sua permanenza in nerazzurro. Come dare loro torto: Motta è uno che ha stregato Ranieri, un giocatore fondamentale, e si è visto quanto dato che con la sua assenza il centrocampo non ha fornito le stesse garanzie (Cambiasso a tratti è sembrato spaesato). Le strade del mercato sono infinite, per carità, però pensiamo al capitale che c’è in palio…
[Christian Liotta – Fonte: www.fcinternews.it]