Se alla squadra nel suo complesso va dato il tempo necessario per amalgamarsi al meglio con il modulo a 3 dietro e assorbire in pieno il calcio di Mazzarri, e quindi l’ambiente può ragionevolmente portare un pelo di pazienza, per il mancino di Buenos Aires è già ora di conferme.
Le prime tre ufficiali in stagione sono state più che confortanti. Soprattutto perché Alvarez ha mostrato continuità di prestazioni, nell’arco delle singole gare e anche partita dopo partita. Una dote, la continuità, che finora era mancata al Ricky in versione nerazzurra. Giocate, spunti e sprazzi di talento si erano intravisti già nel 2011, dal gol al Trabzonspor alla super partita contro il Lecce a San Siro in campionato. Peccato che siano rimasti a lungo, appunto, sprazzi. Intervallati da troppe pause.
Ora la gente interista chiede ad Alvarez il salto di qualità, al quale lui stesso, compiuti i 25 anni, può e deve aspirare. Essere, cioè, un fattore rilevante in un big match.
Se Ricky ha preso per mano la squadra con Cittadella, Genoa e Catania, è giunto il momento che provi a fare altrettanto e per tutti i 90’ anche in una sfida del livello di Inter-Juve. Che giochi da interno in un centrocampo a 5 o trequartista, libero di spaziare alle spalle di Palacio (ipotesi decisamente più probabile). Dimenticandosi dei paragoni ingombranti di inizio carriera con il Ricky che è tornato a far capolino nell’altra metà di Milano o con il suo idolo Zidane. Fiero e convinto dei suoi mezzi, felice di far vedere al mondo che poserà gli occhi su San Siro sabato alle sei chi sia Ricardo Alvarez. Uno che in Argentina chiamavano Ricky Maravilla.
[Federico Floris – Fonte: www.fcinternews.it]
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