A CAVAL DONATO… – Certo, più ci si convince che il fondo è stato toccato, e più questa squadra si ostina a raschiare il barile incappando negli scivoloni più assurdi. Quello visto ieri sera, però, forse è l’acme della sfortuna, se proprio vogliamo ostinarci a chiamarla tale: perché un’Inter come spesso accaduto non degna di un’esposizione di bellezze universali, ma che sembrava comunque aver trovato il bandolo della matassa con il pregevole gol del 2-1 di Mauro Icardi, è riuscita a rovinare tutto quell’incomprensione quasi grottesca tra Rolando e Esteban Cambiasso, un regalo con tanto di fiocco per un incredulo Panagiotis Kone che altro non può fare che scartare e regalare un altro sganassone duro come il ferro dopo quelli dell’era partenopea. Fino al picco: dopo trenta e passa partite, arriva finalmente un calcio di rigore a favore dell’Inter; all’interno di una gara spezzettata dai tanti falli, ecco Mantovani che butta giù Palacio (il rosso dov’è?) e Mazzoleni che non può non intervenire per la massima punizione. Al momento di battere, Diego Milito fa valere il suo diritto di rigorista principe, ma purtroppo paga l’essere entrato in campo solo pochi minuti prima: conclusione morbida e troppo centrale, Curci che senza uscire dal cilindro respinge, e omaggio buttato miseramente alle ortiche. I commenti, qui, lasciano spazio alla rassegnazione…
(QUASI) MAI UNA GIOIA – Lo hanno descritto come molto provato, Erick Thohir, al termine della gara di ieri, e non solo per il jet-lag non digerito. E suonerebbe quasi come un eufemismo. Francamente, si fa fatica a non capirlo: ancora una volta il presidente deve vedersi ricacciare in gola l’urlo di gioia, soltanto contro il Milan nel derby e nella gara contro il Torino si è potuto lasciare andare ad un’espressione di soddisfazione. Ieri, invece, il tycoon ha dovuto assistere ad uno spettacolo poco lusinghiero: l’Inter di nemmeno troppe settimane fa, applaudita da tutti, è tornata ad essere un lontano ricordo, un’umoralità che non fa bene proprio a nessuno. Certo, l’impegno c’è stato, la sfortuna non è mancata (incluso anche il problema di Juan Jesus, che comunque non appare gravissimo), ma questi fattori non compensano i tanti errori tecnici visti lungo l’incontro: un avvio promettente, forse gestito con troppa frenesia, poi un calo di concentrazione pesante. E allora, ecco il Bologna guadagnare campo, ecco l’iradiddio Christodoulopoulos che come finisci di scrivere correttamente il suo cognome ha già piazzato un pallone interessante in avanti, Garics che inventa numeri, Pazienza che uccella Handanovic con l’aiuto di Cristaldo. E poi Krhin che dà ordine e magari, chissà, vuole mandare un piccolo messaggio al club dove è cresciuto. E quando l’Inter si getta a testa bassa riuscendo anche a chiudere l’avversario in un angolo, ecco che spunta un Kone che non fa tanto ma è al momento giusto nel posto giusto. Potrebbe sembrare una versione riadattata della legge di Murphy, ovviamente con ampie riscritture personali…
PER TE SOLO APPLAUSI – L’ennesima vittoria buttata all’aria è una punizione pesante soprattutto per lui. Perché è stata soprattutto la sua, di partita, a essere stata rovinata dal punteggio finale. Quella di ieri sera è stata fuori di dubbio la migliore prestazione stagionale di Mauro Icardi con la maglia dell’Inter. Perché ieri sera si è visto l’Icardi vero, quello che non è solo cronache rosa e foto su Twitter, quello insomma che vale i suoi 12,5 milioni di investimento fino all’ultimo centesimo. E se così secondo qualcuno non fosse, buona camicia a tutti, prendendo a prestito un vecchio claim pubblicitario. I due gol sono due gemme: il primo per rapacità in area, un castigo celestiale per la disattenzione generale della difesa felsinea; il secondo per precisione e balistica, una parabola deliziosa disegnata col compasso a rendere vano il tuffo disperato di Curci, a coronare una splendida iniziativa nata dal tandem Kovacic-Hernanes. Ma è stata ottima tutta la partita di Maurito, sempre abile a dettare il passaggio, a cercare la profondità, magari non sfruttando al meglio tutti i palloni utili ma sempre rappresentando un pericolo per la difesa rossoblu. E dai suoi piedi parte anche il pallone del rigore di Palacio. No, per lui questo pareggio è davvero una punizione troppo pesante.
RABBIA E ORGOGLIO – E forse lo è anche per Mateo Kovacic, visto non solo quanto prodotto in campo, ma anche per la settimana trascorsa. Intorno alla stagione del giovane croato, e alle traversie fisiche e non vissute durante l’annata, si può ormai quasi scrivere un libro. L’ultimo capitolo è forse il più intenso: dopo il mancato impiego a Livorno, le critiche, gli hashtag creati dai tifosi, Kovacic è stato dato come sicuro titolare fino alle ultime ore della vigilia, poi Mazzarri gli ha preferito un Alvarez evanescente e costantemente beccato dal pubblico. Un po’ di rabbia forse l’ha accumulata, rabbia che però ha saputo tradurre in energia positiva una volta entrato in campo: ok, avrà ancora il difetto atavico di non cercare la conclusione, ma ogni pallone toccato diventa una folata offensiva interessante. L’azione del 2-1 la ispira lui, solo per fare un esempio. L’annata di Kovacic è stata un rebus, se però fosse sempre questo allora la sua presenza nella volata finale diventerebbe pressoché fondamentale.
E ORA? – Di volta in volta, mancano sempre meno partite. E la corsa a quell’Europa chiesta tassativamente da Erick Thohir come obiettivo primario da raggiungere è ancora maledettamente complicata. E proprio a ridosso del traguardo, la strada torna a farsi in salita: si parte con le due trasferte di Genova, sponda blucerchiata, e soprattutto Parma, poi Napoli in casa e il derby. In questa stagione l’Inter ha insegnato che nelle partite più difficili sulla carta è in grado di esaltarsi, ma proprio adesso c’è da combattere anche con un ambiente davvero pesante, un avversario in più da sconfiggere…
[Christian Liotta – Fonte: www.fcinternews.it]
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