IL BILANCIO – Quella che si va a concludere è la quinta stagione successiva a quella del Triplete. Lasciando perdere la gestione Benitez – Leonardo ( visto che il nucleo di quella squadra era pressoché identico a quella di Mourinho) si possono analizzare i numeri di quella che è stata l’Inter 2014/15 in relazione ai risultati ottenuti con i vari Stramaccioni, Gasperini, Ranieri e Mazzarri. Ebbene, la squadra di Mancini arrivando ottava ha fatto peggio di WM – quinto posto – e del triumvirato Gasp-Ranieri-Strama – piazzatosi sesto – e poco meglio della sciagurata Stramagione, conclusasi con un deprimente nono posto (sfiorato ieri sera, quando – con il Toro che andava di goleada contro il Cesena – Ranocchia e compagni si sono fatti rimontare due reti dai mai domi ragazzi di Sarri). Certo, in questa stagione ha pesato molto il cambio di guida tecnica, dovuto alla scossa che il Presidente Thohir ha voluto dare alla squadra, ma tant’è. L’Inter ha segnato 59 gol, secondo miglior attacco dopo quello guidato da WM nella scorsa stagione – conclusasi con 62 reti realizzate – e subito 48 gol, più dell’anno scorso – furono “solo” 39 – ma meno degli anni precedenti: 57 nel 2012/13 e 55 nel 2011/12. Insomma, l’Inter sta provando a scuotersi dal torpore dell’ultima gestione Moratti e vuole qualcosa di diverso per il futuro. Mancini ha detto che rimarrà anche nella prossima stagione, anche se attirare top player a Milano sarà difficile. Certo è che il tifoso interista è stanco di vedere questo tipo di classifiche e queste cifre, indi per cui ci si augura di essere arrivati al punto di svolta.
L’ULTIMA PER… – Essere arrivati al punto di svolta vuol dire che non si può più tornare indietro. Quel che è stato è stato e ora c’è bisogno di cambiare. Ecco perché – verosimilmente – quella contro l’Empoli potrebbe essere stata l’ultima partita con la maglia dell’Inter per diversi giocatori. É francamente imbarazzante quello che è accaduto ieri: una squadra – in casa propria – va avanti di due reti contro una formazione di metà classifica, per poi farsi infilare due volte in tre minuti e rischiare addirittura – come si accennava poco sopra – di tornare a calcare i campi a Ferragosto, per il preliminare di Coppa Italia, contro il Cittadella di turno. No, non è ammissibile un atteggiamento del genere. L’Inter deve avere fame, chiudere le partite. Il battibecco tra Juan Jesus e Medel è emblematico: fase difensiva disorganizzata, tutti fuori posizione. No, così non va. L’attacco è stato cinico, anche se nel primo tempo troppi palloni sono andati sprecati. Quattro gol sono tanti, così come alcune giocate di fino per uscire dall’asfissiante pressing avversario sono state degne di note. Ma certo, se poi si prendono gol del genere – e purtroppo è stata la costante di tutto l’anno – ogni buon proposito va in fumo. D’altronde l’accesso alle Coppe non lo si è perso ieri, ma molto tempo fa: quando la squadra reagisce male alla pressione, c’è poco da fare. L’estate è finalmente alle porte, e anche questa stagione è andata in archivio. Ora bisognerà ricominciare da capo a programmare, consci del fatto che quella del 2015/16 dovrà essere l’annata dell’Inter.
UN ATTIMO DI RIFLESSIONE (PER MATEO) – Riflessione finale del mercato in uscita. É giusto sacrificare qualche scontento – si è già fatto il nome di Handa – per arricchire le casse del club e puntare qualche nuovo giocatore. Ma – anche alla luce di quanto fatto ieri – due interisti dovrebbero essere intoccabili: Mauro Icardi – e fin qui ci siamo, con il rinnovo che dovrebbe essere firmato a breve – e Mateo Kovacic. Maurito – a meno di clamorose offerte – rimarrà certamente a Milano, mentre non si può dire altrettanto del numero 10 croato, i cui talenti interessano parecchio al Liverpool e al Barcelona. Ma perché privarsi di un giocatore (pagato undici milioni tre anni fa) di ventun’anni, le cui potenzialità sono immense, semplicemente per fare cassa? L’Inter è andata a prenderlo dalla Dinamo Zagabria, battendo la concorrenza delle altre squadre e dimostrando subito grande fiducia in lui. Gli è stata consegnata la maglia numero 10, quella dei Campioni. Ha dovuto assumere le sembianze di salvatore della patria nelle stagioni peggiori degli ultimi vent’anni, ruolo che – per ovvi motivi – non può ricoprire. Ma nonostante tutto ha mostrato sprazzi di talento incredibile. Il suo modo di toccare palla e giocare nello stretto è unico, non esiste un altro giocatore del genere, se non nell’Olimpo del calcio. Giocando la sfera a due tocchi mette sempre l’uomo in porta. Guarda caso tre dei quattro gol dell’Inter nascono da lui. Certo, deve migliorare ancora la fase difensiva – più i movimenti e le letture che la fase di pressing, essere più pericoloso davanti alla porta e un miliardo di altre piccolezze per essere ritenuto un Campione. Ma il talento, la voglia di emergere ci sono, ora è la società che deve costruire una squadra che valorizzi le sue qualità. Non appena si è insediato Thohir, è stato chiaro: “giocatori come Kovacic e Icardi sono il nostro futuro”. Infine, un plauso all’Icardi di cui sopra: 22 gol sono davvero tanti, specie in un anno del genere. Il suo modo di giocare è totale, l’assist dell’uno a zero a Palacio è l’emblema del giocatore che sta diventando. Non più solo gol, ma visione a tutto tondo. Peccato per qualche occasione sciupata nel finale, il primato solitario della classifica marcatori avrebbe reso il boccone meno amaro. Ma c’è sempre tempo per rifarsi. Insomma, è proprio il caso di dirlo: il futuro è già iniziato ieri. Sta all’Inter non farselo scappare.
[Marco Lo Prato – Fonte: www.fcinternews.it]
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