Potrei lamentare un esito che dà un calcio nel sedere alle aspettative europee in campionato dell’Inter. Dopo tutto, considerando che da 15 anni la Fiorentina non sbancava il Meazza interista, è chiaro che questo 0-1 fa un certo effetto. Ma le statistiche contano poco, la differenza oggi la fa la graduatoria che allontana nuovamente l’ultimo posto per il treno della prossima Europa League, Tim Cup permettendo. Male male, la risalita si complica notevolmente e accrescono gli indizi che vedono nella competizione europea attuale l’unica opportunità per scendere in campo durante la settimana da settembre in poi. Martedì e mercoledì, per fortuna. Fasciarsi la testa sarebbe controproducente, ci sono ancora molte partite da disputare ma dopo tre vittorie consecutive in campionato, 4 nelle ultime 5 partite, questo scivolone è doloroso. Soprattutto perché interrompe quello stato di grazia, almeno nei risultati, che stava attraversando l’ambiente nerazzurro.
Non resta che concentrarsi seriamente sull’Europa League, senza però abbandonare il campionato anche per questione di professionalità e per mantenere viva una speranza che comunque non va accantonata. Nella tonnara alla fin fine tutto è possibile, basta esserci. Però c’è da tener conto di due aspetti fondamentali: in coppa basta una serata storta (come quella di ieri, per capirci) e tutto va in fumo. Margine d’errore proprio non ce n’è. In secondo luogo, siccome le situazioni facili non fanno parte della storia attuale dell’Inter, l’urna di Nyon le ha messo di fronte il Wolfsburg, una delle squadre più in forma d’Europa, che non sfigurerebbe neanche in Champions League. Anche ieri una prova di forza, con un robusto 5-3 in casa del Werder Brema e con tre reti in 6 minuti nella ripresa. Quasi a dire: abbiamo scherzato, ora la chiudiamo. Quanto basta ad aumentare le sensazioni negative. In estrema sintesi, situazione non certo fluida in casa nerazzurra, per quanto la sconfitta contro la Fiorentina sia soprattutto frutto del caso più che di una reale supremazia ospite. Ma la classifica se ne frega di questi concetti e parla chiaro.
Parlano chiaro anche le prestazioni dei singoli. Mi soffermo su un paio in particolare, perché bene o male gli altri, pur a corrente alternata i più, stanno reggendo il colpo. Innanzitutto Lukas Podolski. Alzi le mani chi, quella sera di inizio gennaio, si sarebbe atteso un bilancio così pallido dopo due mesi a Milano. Prometteva bene, Prinz Poldi, ma finora è stato sopratutto marinaio. La condizione fisica c’è, sono le prestazioni che non convincono. Evidente che non si sia ancora calato in toto nella nuova esperienza, un contesto diverso da quello a cui era abituato. Troppi bassi, pochissimi alti per l’ex Arsenal, che rischia seriamente di non lasciare traccia in nerazzurro e di tornare a Londra senza troppi complimenti. Spero vivamente che un segno, positivo, riesca a lasciarlo quanto prima.
Poi c’è quel meraviglioso talento ancora incompiuto che risponde al nome di Mateo Kovacic. Inutile girarci troppo intorno, la sintonia con Mancini, così come con Mazzarri prima di lui, fatica a prendere corpo. Che sia un calciatore fuori dal comune lo ha dimostrato ampiamente, il croato. Ma tatticamente non ha ancora registrato quella maturazione necessaria per essere protagonista nel calcio italiano, dove il rispetto delle consegne conta più della qualità stessa. Da tre anni i tifosi interisti attendono la definitiva esplosione, essere un ’94 non è più una giustificazione. Ieri sera contro la Fiorentina il tecnico ha persino cambiato modulo in corsa sacrificando la vena di Guarin e l’efficacia di Brozovic per permettere a Kovacic di esprimersi meglio. Nulla da fare, il numero 10 non è mai riuscito a trovare un posto al sole nel rettangolo del Meazza e l’ingresso sprint di Shaqiri ha acuito il divario tra i due, in competizione virtuale per quel posto dietro le punte nel 4-3-1-2 ormai assodato. Anche a Cagliari non è che il talento di Linz avesse brillato, ma il gol e la reazione piuttosto notiziabile hanno accantonato il resto del bilancio. Non fatico, personalmente, a sostenere che questa non sia ancora l’Inter di Kovacic, e la sensazione che in Italia un giocatore come lui faticherà a farsi largo è sempre più convincente nella mia testa. Mi auguro vivamente di sbagliarmi, ma oggi la situazione è questa.
Mi sbilancio, tanto si scherza: con Icardi che Mancini prima e Ausilio poi hanno blindato, almeno a parole, non posso dare per scontato che il sacrificato (causa assenza di coppe la prossima stagione) sull’altare del bilancio non possa essere proprio Kovacic. E lo dico anche pensando al bene di questo giovane, che all’estero secondo me sarebbe titolare inamovibile e farebbe la differenza. Si pensi a Coutinho: impantanato nella timidezza personale e nella rigidità tattica del calcio italiano, a Liverpool è diventato un fuoriclasse. L’ultima perla, la rete meravigliosa al Manchester City che ha regalato 3 punti esaltanti ai Reds. Mi sbaglierò, ma credo che se fosse rimasto all’Inter, oggi il brasiliano sarebbe ancora un talento incompreso. Altro che osanna sui tabloid di sua Maestà…
[Fabio Costantino – Fonte: www.fcinternews.it]
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