Anche se l’Inter mutilata dell’unico attaccante in grado di fare reparto e falcidiata dagli infortuni sembra essere un cantiere perennemente aperto, una costruzione di complessa realizzazione. Forse addirittura un “work in regress” a giudicare dalla lunga teoria di risultati complessivamente deludenti del dopo Juventus Stadium, con le punte negative o addirittura imbarazzanti di rendimento, ingrato souvenir delle trasferte in Toscana. E l’infortunio di Andrea Ranocchia – impensabile possa in ogni caso affrontare un simile impegno – non fa che appesantire una situazione di volatilità di una difesa sofferente e poco protetta. Da parte nostra avremmo auspicato, anche senza che questa ennesima tegola ci fosse caduta in capo, il ritorno a un assetto più prudente, con la reintroduzione del terzo centrale, riproponendo nel ruolo il professor Esteban Cambiasso, l’unico in grado di garantire, peraltro, esperienza e leadership al reparto. Riportare l’argentino al centro della difesa corrisponde inoltre all’esigenza di averlo in una posizione determinante e di riferimento per tutti sfruttandone al 100% l’intelligenza tattica sia nella comprensione dello sviluppo dell’attacco subito sia nella fase di impostazione della manovra. È lì che può fare – eccome – ancora la differenza, è lì che può, inoltre, amministrare le proprie energie ottimizzando il rapporto tra impegno profuso, prestazione personale e ricaduta sull’economia sul risultato. È questo il sistema di gioco che aveva consentito a Stramaccioni di uscire dalle secche in cui si era arenato in autunno, assicurando una maggiore solidità e compattezza difensiva al suo complesso e che di fatto ha consentito alla difesa di sbandare meno. Compattezza difensiva che proprio nel derby sarà indispensabile perseguire contro un attacco al quale non dovranno essere concessi vantaggi, primo fra tutti l’utilizzo di spazi aperti in contropiede, ma anche la possibilità di giocare miss match senza un opportuno sistema di aiuti.
Il tutto per una partita di sacrificio e concentrazione che dovremo affrontare avendo a disposizione solo centrali mancini, non essendo Silvestre ragionevolmente impiegabile a spese di Cristian Chivu. A destra ci sarà da attendere El Shaarawy, giocatore di passo e di spunto difficilmente governabili per Javier Zanetti che sarebbe più opportuno dirottare sulla fascia opposta a dividersi con Juan Jesus il compito di affrontare Boteng e Abate. Nagatomo invece è proprio l’uomo in grado di opporre al Faraone quella vitalità fatta di velocità di base e di resistenza, ideale per pareggiarne lo spunto e vincolarlo anche a compiti di contenimento. Il giapponese è una chiavi da amministrare con sagacia. Ha riposato in coppa e per la capacità di muoversi senza palla è una degli sbocchi preferiti dei dialoghi e delle invenzioni di Antonio Cassano. Dal quale attendiamo la partita della svolta. Gli chiediamo “presenza” nei 90 minuti, movimento a sostegno di un centrocampo tributario della sua qualità tecnica. Chiediamo di “lavorare” la partita dal primo minuto all’ultimo e non di attendere l’occasione del numero a effetto. Chiediamo che sia l’uomo in più col carattere, la volontà e l’orgoglio di chi meno di un mese fa si è esposto con parole da uomo squadra che non si è ancora rivelato. Se ha dei conti da saldare lo faccia sul campo, per il bene suo e nostro. Il derby sarà una lotta da affrontare con forza, concentrazione e disciplina da parte di tutti, da chi dovrà portare acqua e chi è chiamato per imposizione di madre natura a fare la differenza perché la posta il gioco è altissima per l’Inter di oggi e quella che sarà. Senza alibi, pur sapendo che con Milito in campo sarebbe stata un’altra partita e che senza Ranocchia soffriremo sulle traiettorie aeree e perderemo molto sulle palle inattive. Dovremo prendere a calci la jella giocando la sfera rasoterra com’è congeniale a Guarin e Palacio usando tutte le armi a disposizione con paziente cinismo, limitando al massimo gli errori gratuiti.
La posta è altissima, insistiamo. E l’avversario è in sensibile ascesa e molto forte – lo sappiamo – fuori dal campo più ancora che dentro e anche in quest’ottica la designazione di Mazzoleni è tutt’altro che un buon biglietto da visita. Ma c’è più di una bocca da tacitare, tra quelli che non vedono l’ora di vederci morti, i propagandisti della superiorità rossonera in servizio permanente effettivo e qualche ex da riportare coi piedi per terra. E quindi pretendiamo da tutti coloro che andranno in campo, compreso chi come il ritrovato Alvarez può incidere entrando a partita in corso, cuore e attenzione, attenzione e cuore. E lo pretendiamo ancor di più per continuare a lottare per un posto in Champions che è ancora lì e che, sterzando dal recente passato, proprio da domani, possiamo ancora far nostro a dispetto di un pronostico ostile, retaggio di un periodo buio, e a dispetto di tutti.
[Giorgio Ravaioli –
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