Inter: primo compito di Mazzarri ricompattare l’ambiente

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logo-interC’è un maledetto bisogno di Empatia (con la e maiuscola). No, non è un centrale di centrocampo e neanche un esterno che piace tanto a Mazzarri. É un qualcosa che purtroppo il calciomercato non offre, ma senza cui l’Fc Internazionale non sa stare. Empatia con i tifosi, con l’ambiente e con la squadra (soprattutto). Se riavvolgete il nastro fino agli ultimi trionfi, scoprirete come alla base di ogni trofeo alzato in cielo, ci sia sotto anche questa famosa Empatia a festeggiare insieme al gruppo, a stappare lo spumante nei momenti di gioia e a tenere il morale alto quando arriva un momento no. Basta arrivare alla voce M: emme come Mancini, emme come Mourinho… emme come Mazzarri. É sufficiente immaginare Dejan Stankovic giocare ogni partita con uno stiramento o Samuel Eto’o fare il terzino sinistro in una finale di Champions League. Oppure guardando la fine che faceva chi in quegli anni magici chi non sacrificava se stesso al 100% . Chiedete a Mario Balotelli ad esempio, come ci si sente a mettere piede nella Milano nerazzurra dopo aver mortificato l’interismo. Beh, se c’è in questi anni bui una cosa che è mancata più di tutte, quella è l’Empatia.

L’ultimo a riuscirci – in ordine cronologico – è stato quel Leonardo De Araujo che ancora oggi in società rimpiangono tanto. Un esempio meno lampante delle due emme citate nel paragrafo soprastante, ma che rispecchia quanto e come sia importante la stima del gruppo, per ottenere dei risultati. Con lui in una sola metà di stagione, un’Inter sazia dal post-Triplete sollevò al cielo una Coppa Italia, arrivò a lottare per lo Scudetto dopo un periodo di inferno con Benitez, fece un miracolo all’Allianz Arena ribaltando in maniera clamorosa il risultato (salvo poi scoppiare nel quarto di finale contro lo Schalke 04). Se devo riconoscere un merito nell’allenatore precedente, individuo sicuramente il grande feeling instaurato con la Curva e con tutta (almeno fino a un certo punto) la tifoseria nerazzurra. Ci ha messo tutto: entusiasmo e buona volontà. La gente lo ha capito, ma purtroppo non è bastato per allenare come si deve l’Internazionale. Gestire uno spogliatoio di campioni, fatto da gente che ha vinto trofei su trofei, non è cosa da tutti. E non – come dice qualcuno – perché qualche senatore avrebbe remato contro. Perché rientra tra le doti di un tecnico la gestione di un gruppo (ps. sfido chiunque a dichiarare pubblicamente che interisti veri come Cambiasso e Zanetti abbiano giocato contro l’Inter in questi mesi). Ieri ho letto e apprezzato con molta attenzione l’articolo di Fabio Monti sul Corriere della Sera: nessuno dice che la società non abbia avuto le sue grosse responsabilità in un’annata così disastrosa – come in molti mi e ci hanno accusato come FC Inter News di affermare – ma neanche che “Stramaccioni sia stato un agnello in mezzo ai lupi”. A pagare certamente non sarà soltanto lui: ma in corso Vittorio Emanuele aspettano novità sul fronte soci per cambiare qualcosa anche nello staff societario.

Adesso sicuramente ci sono nuove basi da fissare: Walter Mazzarri è noto per fare del gruppo un suo cavallo di battaglia. Il singolo può sbagliare con lui, ma non può mancare di rispetto alla squadra. E infatti ancora oggi non c’è nessun suo ex giocatore che ne abbia parlato male (nonostante ne faccia ruotare al massimo 17). Ecco perché Massimo Moratti lo ha scelto: Mazzarri ha da sempre goduto di quella magica formula di cui vi parlavo prima. Poi è chiaro: l’Inter è un banco di prova e “non tutti gli allenatori bravi possono allenarla”. Ma è questo principalmente il motivo per cui la scelta del nuovo tecnico sia ricaduta proprio sull’ex Napoli. Pertanto occorre ricompattare quanto prima tutto l’ambiente e remare tutti verso un’unica direzione: perché giocatori e allenatori passano, ma la maglia nerazzurra resta sempre. Frase fatta? Forse sì, ma ogni tanto va ricordato.

[Mario Garau – Fonte: www.fcinternews.it]