Finisce in anticipo la cavalcata azzurra verso il Mondiale di Russia 2018. Finisce a San Siro con un triste 0-0 a fronte delle numerose occasioni create dai ragazzi di Ventura. Una prova di forza dicotomica, con la legge del contrappasso sempre in agguato. Giocando male per centoventi minuti non si possono nutrire grandi speranze. Neanche la titanica ricerca della redenzione negli ultimi sessanta minuti possono espiare una colpa così grande. Per questo all’Italia spetta una pena così grande.
Puntare il dito non è mai stato così facile. Quando si è allo sbando, c’è sempre un colpevole. In politica è una classe di governo corrotta e disonesta, in famiglia sono i genitori che dedicano poco tempo ai ragazzi. Nel fallimento della Nazionale il primo indiziato è Gian Piero Ventura. Critiche dure mosse da ogni parte dell’Italia nei confronti del tecnico genovese, reo di aver condotto fuori dai giochi una Nazione gloriosa come quella Azzurra. L’errore consiste, però, nell’imputargli la totalità delle colpe.
Il lavoro di Gian Piero Ventura come commissario tecnico è un lavoro di costanza. L’unica colpa da affibbiargli è l’aver accettato l’incarico. Ogni buon allenatore dovrebbe essere cosciente delle proprie abilità e dei metodi utilizzati in allenamento, cosa che Gian Piero Ventura ha sottovalutato. Il suo è un lavoro che richiede una pratica costante sul campo e la presenza di giocatori che abbiano le doti adatte al suo stile di gioco. La differenza sostanziale con il suo predecessore Antonio Conte risiede nel carisma.
Anche il lavoro del tecnico leccese, infatti, è un lavoro di labor limae costante e quotidiano. Conte, però, è un leader carismatico che lavora sulla testa dei giocatori molti dei quali tra l’altro lo conoscevano già per il suo trascorso in bianconero. Ventura, dal suo canto, si concentra più sulla fase tecnico-tattica, cercando di mettere in pratica le sue idee. L’Italia non ne disponeva gli interpreti e le sue scelte forzate lo hanno condotto verso il baratro. Poche idee, per di più confuse. Per questo, ad oggi, non può essere considerato un buon allenatore.
Anche ai ragazzi andrebbero imputate delle colpe. Se dovessimo rapportare il prezzo della nostra Nazionale a quello della selezione svedese sarebbe meglio mettersi le mani davanti agli occhi. Eppure a passare sono proprio loro. Il calcio è strano, il pallone è rotondo, ma l’Italia tecnicamente ha commesso troppi errori, lungi dall’insegnamento di Gian Piero Ventura.
Dulcis in fundo, Tavecchio. L’uomo dalle scelte facili e irrazionali. Occupare una posizione così importante nella Federcalcio dovrebbe essere un onore riservato a pochi, eppure stiamo vivendo una seconda pagina consecutiva tra le più tristi del calcio italiano. Una Federazione poco presente, con risorse poco competenti. Un lavoro sbrigativo, senza mai riuscire ad incidere davvero nella storia della Lega italiana la cui svolta tanto attesa dopo il terremoto Abete non si è ancora fatta sentire.
Ognuno si faccia il proprio esame di coscienza, anche noi italiani. Perché oggi abbiamo perso tutti e, per una volta, evitiamo di porgere il dito sul grilletto e puntare la pistola verso una sola persona.
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