Nell’ultima puntata di Sampdoria sempre con te, il programma radiofonico di sampdorianews.net in onda su Radio 103 il lunedì, mercoledì e venerdì dalle ore 19.30 alle 20.30 (scriveteci via sms al 338-1010360 o via email a samp@radio103.it o contattateci su facebook), è intervenuto l’ex centrocampista di Brescia e Sampdoria Ivano Bonetti, uno dei primi giocatori italiani a emigrare oltremanica (stagione 95-96).
Che impressione ti ha la fatto la Samp in questa prima fase di stagione?: “Credo che, al di là di qualche risultato negativo di troppo, la Samp abbia tutto il blasone per arrivare almeno al secondo posto. E’ una squadra che ha un poteziale mica da ridere e secondo me alla fine conquisterà la promozione in serie A”.
Ci sono giocatori che stanno faticando a trovare la giusta condizione. Uno su tutti Palombo: “Il problema è che quando si scende di categoria c’è chi si adatta subito e chi invece deve digerire la retrocessione, soprattutto quelli più attaccati alla maglia. E se si va in difficoltà all’inizio tutto è più complesso, ma penso che la Samp abbia troppa qualità per non uscire fuori da questo momento difficile”.
Hai giocato in tante squadre contraddistinte dalle tifoserie molto calde, come Torino, Genoa, Samp, Brescia, Atalante e così via. Avere una tifoseria molto presente è sempre un bene o ci sono anche degli aspetti negativi?: “Ha anche dei lati negativi, senza dubbio. Se la squadra in rosa ha giocatori di grande personalità il pubblico diventa un fattore positivo, ma se ci sono giocatori che risentono della pressione diventa difficile esprimersi e anche le cose facili diventano difficili. Ecco perché certe piazze non sono per tutti i giocatori. Ci sono giocatori che devono avere certe caratteristiche per giocare in certi stadi”.
Sei d’accordo con chi sostiene che a questa Samp manchi un elemento che sappia dettare i tempi di gioco in mezzo al campo?: “Credo che il capitano, se si ritrova , sia un giocatore di spessore, in grado di dettare i tempi di gioco. Il problema è che va superata questa retrocessione, che è stata inaspettata per tutti quanti. L’anno scorso ho seguito la Samp nelle ultime giornate e ho avuto la sensazione che i giocatori non credessero ai loro occhi di fronte all’ipotesi della retrocessione. Secondo me non è stata ancora smaltita la delusione perché questa squadra ha troppa qualità. Bisogna guardare le rose delle altre squadre. Se si pensa che la Samp non abbia un giocatore d’ordine in mezzo al campo, allora le altre squadre come sono messe? A parte il Torino, che è partito in quarta, e il Pescara, che vive sull’entusiamo dei giovani e del gioco di Zeman, le altre sono tutte inferiori”.
I problemi della Sampdoria sono partiti tutti dalle cessioni di Cassano e Pazzini?: “Quando si vanno a toccare certi equilibri bisogna sapere quello che si fa. Ci poteva stare la doppia cessione, però un colpo importante si doveva fare. Hanno portato via tutta la forza della Sampdoria di colpo e lì davanti un pezzo importante andava preso. In tutte le categorie bisogna avere giocatori che la buttino dentro, se no si fa fatica”.
Usciamo un attimo dall’universo Samp. Nella tua carriera sei passato più volte da una squadra rivale all’altra (Sampdoria-Genoa, Juve-Torino, Brescia-Atalanta). Sei sempre stato accolto bene o hai avuto delle difficolta?: “Trovai delle difficoltà a Brescia, perché quando militavo nella Juventus purtroppo realizzai il gol che condannò il Brescia alla retrocessione. Se vi dico che ho mirato il palo esterno e poi invece l’ho messa dentro? Niente… ancora oggi nessuno ci crede (ride, ndr). Al di là di questo, la stagione successiva passai all’Atalanta e feci l’assist del gol contro il Brescia a Bergamo. Dopo qualche anno finii proprio al Brescia, fui il primo acquisto come rinforzo. Provate a immaginare come venni accolto dai tifosi. All’inizio fu difficile, ma credo che quando un giocatore dà tutto quello che ha in campo penso che alla fine il tifoso non possa criticarlo. Quello fu un anno in cui riuscii a riappacificarmi con i tifosi”.
Parliamo della tua esperienza inglese. Sei stato uno dei primi giocatori a tentar fortuna oltremanica. Perché questa scelta?: “Perché ero andato lì per imparare la lingua. Volevo solo allenarmi per poi andare a giocare in Giappone a dir la verità. Poi però il mercato era chiuso e, dopo aver iniziato lì per scherzo, è nata come una cosa bellissima, perché i tifosi del Grimsby Town, squadra di serie B che non aveva i soldi per sostenere un trasferimento, hanno creato un fondo e praticamente mi hanno comprato loro. E’ stata un’esperienza davvero bella”.
Il calcio inglese è meglio di quello italiano?: “Per come si vive il calcio non c’è paragone. Là il calcio è una festa. Si dà tutto in campo e quando fischia l’arbitro è come staccare dal lavoro, poi si va a brindare. E’ tutta un’altra mentalità. Lo dimostrano anche le esperienze di Capello, Ranieri e Ancelotti”.
[Mattia Mangraviti – Fonte: www.sampdorianews.net]