CATANIA – È a Catania da quando a Catania è tornata la serie A. Sei anni tra alti e bassi, tra critiche ed esaltazioni, tra critici ostinati e sostenitori pertinaci; come il Catania. Izco, come il Catania, adesso più che mai, adesso che Izco è il Catania: il suo amuleto, il suo uomo ovunque, l’insostituibile, l’ingranaggio pur minuto senza il quale la macchina idealmente perfetta congegnata da Montella, stride, s’inceppa, si pianta.
Succede sempre, quando il Catania è 3-5-2. È successo a Milano, quando nel 3-5-2 adattato alle esigenze della squadra, Montella ha provato ad adattare Davide Lanzafame: che non è Izco, né per somiglianza, né per nazionalità, né per caratteristiche tecniche. E’ successo in casa, contro il Chievo Verona: toccò a Potenza rilevare i ruolo dell’argentino, lui che da terzino destro ha giocato, ma che oltre la metà campo poco spesso arriva, ed ancor meno di frequente riesce a conservar la lucidità per attaccare e poi difendere. Quindi fu la volta di Alvarez, dapprima contro il Novara, in Coppa Italia, poi contro il Cagliari, storia scottante e recente, nel ruolo in cui molti l’aspettavano, ha deluso.
Quattro sconfitte, tre candidati per un posto cruciale, tre bocciature senza alcuna istanza di riscatto o recriminazione. A parlare, rivelare e rinunciare sono i diretti interessati. Lanzafame: “Il Mister lo sa, sono un attaccante, se c’è da adattarmi posso giocare anche come esterno di centrocampo, ma resto un attaccante”. Potenza: “Posso fare quel ruolo, ma non quello che garantisce Izco in quel ruolo, lui è un giocatore più offensivo, con altre caratteristiche rispetto alle mie che invece posso interpretare tutti i ruoli da centrale nella difesa a tre”, e proprio per questo a Bergamo il 3-5-2 funziona, ed in casa no. Alvarez: “Non mi sono trovato molto bene, non è il mio ruolo. Ho cercato di adattarmi alle richieste dell’allenatore e di fare del mio meglio”. Affermazioni che distillate dalla prudenza di chi ha in gloria, comunque e sempre (finché ha possibilità di giocare) le decisioni dell’allenatore, restituiscono una bocciatura ancor più netta di quella ricevuta.
E non che Montella disconosca le caratteristiche di Izco: “Per duttilità è un giocatore difficilmente sostituibile, probabilmente unico all’interno della rosa. Garantisce l’equilibrio, padroneggia quel ruolo come l’avesse interpretato da sempre”. Tanto che, con Izco in campo, il suo Catania non ha mai perso, conquistando 11 punti e sconfiggendo, tra le altre: Napoli, Inter e Lecce (primo successo esterno stagionale) in cui Izco venne rischiato ed uscì infortunato in luogo di Barrientos, che siglò la rete della vittoria. “Se devo rischiare qualcuno – dichiarò Montella alla vigilia – rischio un giocatore che può rivelarsi determinante”.
Prelevato per pochi spiccioli dalla serie B argentina nel 2006, ha esordito in A con Marino, nel successo per 2-0 contro il Parma, e segnato la sua prima rete in Coppa Italia, contro l’Udinese (l’anno successivo): Un portafortuna, senza alcun dubbio, ma anche e soprattutto un giocatore generoso in allenamento e duttile in campo. Dicevano di lui Baldini ed Atzori, nelle annate diverse in cui guidarono prima l’uno poi l’altro il Catania: “Vederlo mentre si allena è un piacere. Un esempio per i compagni”. Non a caso, proprio quelle annate (2007/008 e 2009/10) corrispondono ai record di presenze (32) dell’argentino, che una volta esonerato Atzori trovò in Mihajlovic un sostenitore forse ancor più convinto.
“Posso ricoprire tanti ruoli, sono a disposizione del Mister, ma se devo sceglierne uno, mi piace giocare da esterno destro nel centrocampo”. Per necessità o accondiscendenza proprio Mihajlovic lo schierò lì nella gara contro la Juventus, non più solo oberandolo di compiti difensivi, ed Izco ricambiò col goal vittoria che guidò gli etnei alla rimonta dall’ultimo posto in classifica sino alla salvezza. Prestazioni tutte maiuscole fino all’infortunio di Martinez, che indusse il tecnico serbo ad avanzarlo nel tridente offensivo, limitandone l’efficacia e riaccendendo le critiche dei tifosi che grazie al “giustiziere” della vecchia signora avevano ritrovato fiducia e coraggio: come la squadra e l’ambiente tutto.
Un’annata straordinaria alla quale ne seguì una molto meno positiva, la scorsa, scandita all’inizio dal rinnovo contrattuale, quindi dalle voci di mercato sull’interessamento della Roma che, a dire dell’addì Lo Monaco, come per il caso di Lopez (allora si trattava di sirene inglesi), ne scalfirono il rendimento: “Izco alla Roma? Solo Izco può pensare che la Roma vuole Izco. Izco deve sapere che il Catania è il suo Real Madrid, il suo Barcellona, il massimo a cui può ambire, quindi si concentri solo sul Catania”. L’ammonimento di un “padre” affezionato.
Nel 4-3-3 di Marino giocava in mediana, esterno destro o sinistro alla bisogna, frenato dalla presenza del trequartista puro o meno alle spalle delle punte. Nel 4-4-2 di Baldini lo si poteva trovare interno di centrocampo, ma anche terzino destro, ruolo in cui lo vide bene e lo schierò Zenga la stagione successiva, dove partì per 10 volte dalla panchina. Quindi fu la volta di Atzori, che lo riportò nei tre di centrocampo ma con compiti spiccatamente difensivi. Imprescindibile anche per Giampaolo, col quale ritrovo la continuità e la fiducia godute solo con Baldini ed Atzori/Mihajlovic, ma nel ruolo di interno del centrocampo a quattro.
Rischiato in condizioni fisiche precarie, a Parma è emerso con più evidenza quanto il Catania sia dipendente dal “miglior Izco” quando deve proporre gioco, il proprio gioco. Insostituibile? Così è più che pare. Ma quanto e fino a quando il Catania potrà permettersi di dipendere da Izco, per di più insostituibile? Risponderà il mercato.
[Marco Di Mauro – Fonte: www.mondocatania.com]
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