Juventus: Conte ha già fame di vittoria

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logo-juventusNon è cambiato niente: sempre lo stesso Conte, sempre la stessa fame, sempre lo stesso sguardo impenetrabile. Settantasette giorni dopo il secondo Scudetto consecutivo, il tecnico leccese, tornato davanti ai microfoni per la conferenza alla vigilia della partenza per il ritiro, già parla del terzo di fila, «un obbiettivo storico, visto che qui non accade dal 1935».

In questi due mesi e mezzo, gliene sono successe di cose: il matrimonio con la sua Elisabetta, il viaggio di nozze…la lista di nozze quasi completamente esaudita da Marotta e compagnia. È contento, Conte, del mercato della Juve: «Ci siamo mossi in anticipo, dimostrando di avere le idee chiare, tenendo conto della crisi finanziaria. Abbiamo centrato tutti i nostri obiettivi, prendendo dei calciatori che si sposano con la nostra idea di gioco».

Ultimo Ogbonna, sottopostosi ieri alle visite mediche: al Torino 13 milioni più 2 di bonus per una plusvalenza da urlo (pagato nel 2002 3mila euro), a Conte «un un giovane talento che può diventare uno dei giocatori più forti in Europa e forse anche nel mondo». Guadagnerà 1,8 milioni, sarà il jolly di una difesa già granitica ed avrà il difficile compito di moderare gli animi di una frangia del tifo bianconero convinto che «non esistono negri italiani». Proverà a far cambiare loro idea, Angelo dalla faccia buona.

Come sono riusciti i dirigenti con Tevez. Già perché è uscito fuori che il “10″ non è stato richiesto dall’”Apache” ma in qualche “subíto”: E’ stata una scelta della società, tutti sanno che a me piace il 32», la rivelazione dell’argentino. Discorsi, comunque, che poco interessano a Conte: «Non importa il numero, ma il lavoro, la voglia di onorare la maglia dimostrando attaccamento, carattere, passione. Per me, poi, un giocatore può anche scegliere il “124″: quello che conta e che rimane nel tempo è la Juventus. Quanto a Tevez, mi ha colpito molto per fame, cattiveria agonistica e determinazione: mi è bastato poco per capire che era il giocatore giusto per noi».

Lo era anche Giaccherini, ma il suo addio (come dire “no” ad 8 milioni di questi tempi?) «era inevitabile e dolorosa rinuncia: non sono certo felice per la partenza di Emanuele. Lo poteva essere Jovetic, «un top player che può ulteriormente crescere, ma che non può che andare in una squadra straniera, con grande disponibilità economica». Con o senza il montenegrino, il metodo è «lavorare», lo scopo è «migliorare», la missione è «vincere».

In Italia, innanzitutto, dove c’è il Napoli («Ha fatto un grande acquisto, Benitez, un allenatore un po’ sottovalutato che ha già vinto tutto: confrontarmi con lui è per me motivo di orgoglio e soddisfazione») e una volta schiera di contendenti: «Attenzione al Milan, che nel girone di ritorno ha perso soltanto contro di noi, all’Inter, che ha preso un ottimo allenatore. Ma ci sarà anche la Fiorentina, che dopo l’operazione Mario Gomez, non si può più considerare una provinciale. A Roma è arrivato Garcia, un allenatore che ha fatto molto bene in Francia. La Lazio ha un’ossatura forte, e viene dalla vittoria in Coppa Italia».

Ed in Europa: «Il Barcellona ha preso Neymar, il Bayern Goetze e il Borussia Mkhitaryan: non sarà facile ridurre il divario e di certo per farlo non bastano solo i soldi». Già: serve «lavorare, migliorare, vincere».

[Giuseppe Piegari – Fonte: www.goalnews24.it]