La toccante lettera scritta da Michael Jordan dopo il terzo ed ultimo ritiro dal Basket, accadeva diciassette anni fa.
CHICAGO – Cara pallacanestro,
Sono passati quasi 28 anni dal giorno in cui ci siamo incontrati. Ventotto anni da quando ti ho vista nel retro del nostro garage. Ventotto anni da quando i miei genitori ci hanno fatti incontrare. Se qualcuno allora mi avesse detto quello che saremmo diventati, non sono sicuro che gli avrei creduto. A malapena ricordavo il tuo nome. Poi ho cominciato a vederti in giro nel quartiere e a guardarti in televisione. Vedevo i ragazzi con te giù al campetto. Ma quando il mio fratello maggiore ha cominciato a darti più attenzioni, ho cominciato a farmi delle domande. Forse tu eri diversa.
Ci siamo frequentati per un po’. E più imparavo a conoscerti, più mi piacevi. E un po’ come succede nella vita, quando finalmente mi sono interessato a te, quando ero pronto a fare sul serio, mi hai lasciato fuori dalla squadra del liceo. Mi hai detto che non ero bravo abbastanza. Ero distrutto. Ero ferito. Credo anche di aver pianto. Poi ho cominciato a volerti più che mai. Perciò mi sono allenato. Mi sono impegnato. Ho lavorato sul mio gioco. Sui passaggi. Sui palleggi. Sul tiro. Sul pensiero. Ho corso. Ho fatto addominali. Ho fatto piegamenti. Ho fatto tiri dal palleggio. Ho alzato pesi. Ti ho studiata. Ho cominciato ad innamorarmi di te e tu lo hai notato. O almeno è quello che mi ha detto coach Smith.
Al tempo non sapevo esattamente cosa stesse succedendo. Ma ora lo so. Coach Smith mi ha insegnato come amarti, come ascoltarti, come capirti, come rispettarti e come apprezzarti. Poi è successo. Quella notte, al Lousiana Superdome, negli ultimi secondi della partita per il titolo contro Georgetown, mi hai trovato in angolo e abbiamo ballato. Da quel momento in poi, sei diventata molto più che solo una palla per me. Sei diventata più di un campo. Più di un semplice canestro. Più di un paio di scarpe. Più di un gioco. Per certi versi, sei diventata la mia vita. La mia passione. La mia motivazione. La mia ispirazione. Sei la mia più grande tifosa e la mia più feroce critica. Sei la mia amica più cara e la mia alleata più forte. Sei la mia insegnante più esigente e la mia studente più affettuosa. Sei il mio miglior compagno di squadra e il mio avversario più ostico. Sei il mio passaporto in giro per il mondo e il mio visto per i cuori di milioni di persone. Così tante cose sono cambiate dal giorno in cui ci siamo incontrati, e in grande parte ti devo ringraziare. Perciò, se non me lo hai sentito dire prima d’ora, lascia che lo faccia adesso così che il mondo lo sappia. Grazie. Grazie, pallacanestro. Grazie di tutto.
Grazie per tutti i giocatori che sono venuti prima di me. Grazie per tutti i giocatori che sono venuti in battaglia con me. Grazie per i titoli e gli anelli. Grazie per gli All-Star Game e per i playoff. Grazie per gli ultimi tiri, i buzzer beater, i falli duri, le vittorie e le sconfitte. Grazie per avermi dato da vivere. Grazie per il numero 23. Grazie per North Carolina e Chicago. Grazie per l’aria e per il soprannome. Grazie per i movimenti e per la sospensione in salto. Grazie per lo Slam Dunk Contest. Grazie per la voglia e la determinazione, il cuore e l’anima, l’orgoglio e il coraggio. Grazie per lo spirito competitivo e per il gusto della sfida. Grazie per i fallimenti e i passi falsi, i momenti fortunati e gli applausi. Grazie per il triangolo. Grazie per il baseball e i Barons. Grazie per avermi perdonato. Grazie per gli assistenti, i massaggiatori e i fisioterapisti. Grazie per gli speaker, gli arbitri, gli scrittori, i giornalisti, i telecronisti e i radiocronisti. Grazie per i Pistons e per i Lakers, per i Cavs e per i Knicks, per i Sixers e per i Celtics. Grazie per Phoenix, Portland, Seattle e Utah. Grazie per gli Wizards. Grazie per chi ha creduto in me e per chi ha dubitato. Grazie per Coach Smith, Coach Loughery, Coach Albeck, Coach Collins e Coach Jackson. Grazie per l’educazione e l’esperienza. Grazie per avermi insegnato il gioco che sta dietro, sotto, dentro, sopra e attorno al gioco… il gioco del gioco. Grazie per ogni tifoso che mi ha chiamato, che ha stretto le mani per me e per i miei compagni, che mi ha dato un cinque o una pacca sulla spalla. Grazie per tutto quello che hai dato alla mia famiglia. Grazie per la luna e il sole e, dulcis in fundo, grazie per Bugs e Mars.
So di non essere l’unico che ti ama. So che hai amato tanti prima di me e che amerai tanti dopo. Ma so anche che il nostro rapporto è stato unico. È stato speciale. E anche ora che il nostro rapporto cambierà di nuovo, come fanno tutte le relazioni, una cosa rimane certa.
Ti amo, pallacanestro, Amo tutto di te e lo farò sempre. I miei giorni in NBA sono finiti definitivamente, ma il nostro rapporto non finirà mai.
Con amore e rispetto,
Michael Jordan.