“Ledesma e Matuzalem perfetti, hanno dettato alla grande i tempi di gioco ed hanno chiuso tutti gli spazi nella zona centrale”. Difficile ora, dopo questa ennesima dimostrazione di coesistenza tornare a farne a meno. Reja gongola, si coccola la sua coppia di metronomi, rispolverata al “Rigamonti” dopo quasi due mesi di latitanza (19 dicembre all’Olimpico contro l’Udinese), dovuta anche dall’infortunio al ginocchio, che ha tenuto per un mese ai box il brasiliano.
Qualità nel fraseggio, autorità nella gestione del possesso di palla e garanzia di filtro: è la svolta del “doppio regista”, che fino a ieri era stato schierato dal primo minuto appena quattro volte in ben 24 uscite di campionato (Sampdoria, Fiorentina, Udinese, Cesena). Brescia ha rappresentato il quinto sigillo di una coppia che oltre a restituire fluidità alla manovra capitolina, ha anche riconsegnato personalità al reparto nevralgico. L’italo-argentino ed il brasiliano sorridono, pensando ai fiumi di inchiostro versati sul loro conto.
Ma a dividerli spesso e volentieri negli ultimi mesi non è stata la critica, bensì le scelte di Reja, giustamente preoccupato di garantire corsa e dinamismo al centrocampo con la figura di Brocchi. I numeri parlano chiaramente: quella composta dall’ex rossonero (1777’) e da Ledesma (1782’) è stata la coppia fino ad oggi più utilizzata dal goriziano, che si è avvalso del contributo del “Professore” di Natal soprattutto sul finire del 2010. Dal 38’ del primo tempo con il Napoli (fuori Brocchi per infortunio e dentro Matuzalem) qualcosa è cambiato, ma solo per Francelino. Era il 14 novembre, quando la coppia sudamericana traghettò la Lazio al fragoroso successo sulla compagine di Mazzarri. Da quel giorno, quando è stato disponibile, Matuzalem ha disertato (dal 1’) solamente l’impegno casalingo con il Catania ed il primo del 2011 con il Genoa. Ma a farne le spese contro Parma, Inter, Juventus e Chievo è stato Ledesma.
In nome dell’equilibrio, a mettere i due playmaker in concorrenza sono state le scelte di Reja, che in terra lombarda, però, sembra aver trovato la quadratura del cerchio per agevolare il binomio “tutto fosforo”. Ritmi più cadenzati al centro del campo, ma superiore dinamismo sulle corsie esterne del 4-2-3-1. Dalla tecnica di Mauri e Zàrate si è passati alla corsa e l’agonismo di Gonzalez e Sculli per “una Lazio operaia” sulle fasce. A spiegare l’esigenza della metamorfosi è stato lo stesso tecnico: “Se trovi gente come loro che si sacrifica e dà una mano ai centrocampisti è possibile applicare questo sistema di gioco. Se, invece, non hai degli esterni che riescono a dare una mano in questa zona del campo è dura”.
Un concetto che, se ribadito anche nei prossimi 13 turni, potrebbe rivoltare completamente gerarchie apparentemente consolidate. Al contrario dell’azzurro e del numero 10 argentino (ora collocabile solo come seconda punta di un 4-3-1-2),El Tata e l’ex genoano garantiscono un sostegno costante ad un duo di centrocampo privo di Brocchi. Chiaro, poi, che ogni gara farà storia a sé. Di volta in volta, anche in relazione a quelle che saranno le caratteristiche degli avversari, cambieranno le priorità e gli interpreti, ma soprattutto aumenteranno le difficoltà di scelta di Reja. Paradossalmente proprio nella fase in cui il calendario non presenta più impegni infrasettimanali. Dal “doppio regista” alla scoperta di seconde linee come Gonzalez, passando dall’utilità di Sculli e dalla gestione di capi saldi come Mauri e Zàrate. In pochi giorni, Reja è passato dall’emergenza all’abbondanza.
[Daniele Baldini – Fonte: www.lalaziosiamonoi.it]
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