Lazio: beffarda ripresa …

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logo-lazioPronti, via è una Lazio spumeggiante. Tanto pressing, gioco offensivo e pungente. Nella ripresa, invece, i biancocelesti fanno più fatica a tenere il campo, spesso soffrono gli arrembaggi avversari e in alcune circostanze si sono fatti riprendere a tempo scaduto, buttando punti preziosi per una corsa al terzo posto che si sta facendo sempre più agguerrita. Gli uomini di Petkovic, contando i primi tempi, hanno una media da scudetto, nessuno riesce a far bene come loro. Il problema – se problema lo si vuole chiamare – sono le riprese, nelle quali la Lazio occupa il tredicesimo posto, lontana ben 22 punti dal Milan “capolista”. Certo, questa statistica lascia il tempo che trova ed è figlia proprio dell’attitudine biancoceleste a chiudere le gare subito e controllare poi, ma se preso con le giuste precauzioni è un dato che può regalare spunti interessare ed aiutare Klose e compagni a limare qualche difetto di troppo. Ma proviamo ad analizzare, con l’aiuto di un articolo a firma di Fabrizio Patania e apparso sull’edizione odierna del Corriere dello Sport, quali sono le cause di questo calo fisiologico che colpisce i biancocelesti sul finire delle gare.

LA TATTICA – La Lazio non è stata costruita come le altre squadra. Non ha una serie di doppioni, pronti a subentrare dalla panchina e dare respiro ai titolare. Il direttore sportivo, di concerto con il tecnico s’intende, mira spesso ad acquistare calciatori che non hanno caratteristiche simili a quelle in rosa, giocatori complementari che danno la possibilità di cambiare modulo e attitudine in corsa e spiazzare l’avversario. Il 4-1-4-1 studiato da Petkovic, poi, è un modulo che richiede tanto dispendio di energie, fatto di molti inserimenti ed una corsa a tutto campo, e quando i ricambi cominciano a scarseggiare eccolo lì che le prestazioni ne risentono. Nella prima parte di stagione, Petkovic ha potuto contare sulla maggior freschezza della rosa e su qualche elemento che oggi non c’è. Ederson ha sventolato bandiera bianca dopo qualche settimana, Onazi ha “abbandonato” tutti ed è andato a trionfare con la sua Nigeria. Pedine importanti che tra poco torneranno a disposizione e se poi si aggiungono anche i nuovi Pereirinha e Saha, la speranza di tornare a giocare un bel calcio per tutti i 90’ si fa più concreta.

LA CONDIZIONE ATLETICA – I biancocelesti stanno dimostrando di avere una buona condizione fisica. L’hanno dimostrato con la Juve, quando sono andati a vincere in un finale scoppiettante e insperato. L’hanno dimostrato anche a Genova, quando sotto di due gol sono stati capaci di riprendere il risultato salvo poi essere giustiziati dal gol di Rigoni. Rispetto allo scorso anno, poi, non si stanno vedendo tutti gli infortuni muscolari che hanno costretto Reja lo scorso anno a rivedere i piani, ma un calo fisiologico al rientro dalla sosta era più che prevedibile. Già sul finire di 2012 i biancocelesti avevano accusato una condizione in calo, ma a coprire le magagne atletiche ci aveva pensato qualche episodio fortunato e tanto cuore dei protagonisti. Ma la fortuna è una ruota che gira e ora che è andata a far felice qualcun altro, qualche difficoltà in più la si comincia a sentire.

L’ASPETTO PSICOLOGICO – Non è facile cambiare la mentalità di una rosa intera, imporre nuovi metodi e nuove attitudini in un gruppo già formato e abituato, da anni, a produrre un altro calcio. Petkovic, al suo sbarco nella Capitale, ha trovato un gruppo compatto, forgiato dai dettami di mister Reja e con schemi collaudati. Il tecnico goriziano aveva un’altra – e non per questo sbagliata – idea di fare calcio: aveva impostato la sua squadra bassa e arroccata, capace di coprire bene il campo e pronta a ripartire per far male. Petkovic ha dovuto trovare un compromesso con i suoi uomini, fare un passo indietro rispetto al suo dogma e trovare un mix tra il vecchio e il nuovo. Quello che ne è venuto fuori è una formazione capace di offendere e dominare nei primi 45’, ma troppo incline a gestire la gara nei secondi 45, e se molto spesso abbassare i ritmi e attendere l’avversario ha pagato, in altre circostanze la Lazio si è vista raggiungere a tempo scaduto. Se poi a tutto questo si aggiunge il poco cinismo sotto porta – la gara con il Napoli ne è stata una prova lampante – allora la gestione del risultato è messa ancor più a rischio.

LA PERSONALITÁ – C’è bisogno di personalità nei momenti difficili. Troppo spesso questa Lazio ha dimostrato di peccare proprio in questo. Entra in apprensione, finisce nel panico proprio quando sarebbe il momento di tirare fuori il petto e vincere le partite di “prepotenza”. È stato così contro la Juventus, quando per poco Giovinco e Marchisio  non siglano il 2-2 a tempo scaduto, è successo contro il Genoa, quando a risultato acquisito ci si è fatti raggiungere da Rigoni troppo solo al centro dell’area di rigore. Non a caso Petkovic nel finale mette dentro Cana a coprire la retroguardia, uno che certo non pecca in personalità. Non a caso quando manca Biava, il migliore della retroguardia capitolina, ecco che si soffre troppo. Quando l’avversario si riversa nella metà campo biancoceleste serve più calma e consapevolezza, quando Petkovic riuscirà ad inculcarla nei suoi uomini allora si potrà completare il suo miracolo.

[Gianmarco Filizzola – Fonte: www.lalaziosiamonoi.it]