Lazio, compleanno da incubo: dopo Piazza della Libertà, festa rovinata anche all’Olimpico

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ROMA – “E dici che i tuoi sogni sono poca cosa…Li trovi la mattina trasformati in carta…”. Centoundici anni di gioie e delusioni. Centoundici anni di lacrime e di passione. Una sconfitta era preventivabile, anche se nessuno si aspettava si perdere. Forse solo Olympia che si era posata all’interno del settore ospiti prima dell’inizio della gara. Un gesto che gli Aùguri Romani avrebbero interpretato in due modi: poteva essere considerato un segno di aggressività (invasione del territorio “nemico”) oppure di resa all’avversario. Con il senno di poi, avrebbe prevalso la seconda ipotesi.

LE FORMAZIONI – Reja conferma le indicazioni della vigilia, sostituendo solo lo squalificato Dias. De Canio invece scioglie solo all’ultimo i dubbi: in difesa Tomovic gioca terzino, e Gustavo affianca Fabiano al posto di Donati; a centrocampo Munari recupera, Bertolacci si piazza dietro Ofere e Jeda (con Piatti che si accomoda in panchina).

LA CHIAVE – Lecce che non aveva mai vinto in trasferta in campionato, né era mai passato nella sua storia all’Olimpico contro la Lazio. La legge dei grandi numeri e delle statistiche ci dice che tutti gli zeri del mondo prima o poi sono destinati a crescere, a diventare grandi e a trasformarsi in “uno”. La squadra di De Canio veniva dalla sconfitta pesantissima nel derby con il Bari. Un derby che solitamente non si gioca tutti gli anni (in Serie A mancava dal 2001), perciò perderlo significa massima depressione. Insomma, era il momento più basso della storia recente dei salentini, che erano dovuti scappare anzitempo verso Roma per sfuggire alla persecuzione dei tifosi. La grinta che tirano fuori all’Olimpico li salva dal possibile “linciaggio” al ritorno e li iscrive di diritto nei libri di storia. La reazione alla sconfitta nel derby da parte del Lecce, e il lassismo della Lazio alla fine fanno la differenza.

LA LAZIO – Come a Genova, la Lazio indossa due maschere: una con l’espressione della paura, l’altra con il volto della grinta, anche se dura poco. Nel primo tempo manca tutta la convinzione necessaria per portare a casa i tre punti. La Lazio subisce troppo l’iniziativa del Lecce e si limita a rendersi pericolosa alla mezzora con una punizione di Hernanes, su cui non arrivano in tempo né Stendardo né Biava. La concentrazione non sembra essere quella dei giorni migliori, come dimostrano gli svarioni conclusivi (un eufemismo per non dire “cicche”) di Hernanes (si, proprio lui) e Mauri. Muslera compie almeno tre parate decisive, prima di subire il gol rocambolesco su tiro di Jeda.

La ripresa è un’altra storia: Mauri pareggia subito i conti (in fuorigioco) su una punizione battuta da Ledesma, poi di poco non propizia il vantaggio di Zarate (miracolo di Rosati). È un’altra Lazio che però continua a vivere di fiammate e ribaltamenti di fronte (Muslera blocca a terra una conclusione pericolosa di Grossmuller). Non è la giornata di Hernanes. Reja lo capisce ed inserisce Mark Bresciano, passando così al 4-3-1-2. I risultati che arrivano da Milano e Catania aumentano il fardello di pressione sulla Lazio, che comincia ad annaspare. Zarate quasi trova il jolly da calcio d’angolo (quasi fosse Veron o Maradona), poi sul contropiede il Lecce passa ancora grazie alla combinazione Vives-Grossumuller. La Lazio soffre troppo sui ribaltamenti di fronte. L’ingresso in campo di Kozak (con conseguente passaggio al 4-3-3) non cambia le cose.

IL LECCE – Notizie in arrivo dal Salento facevano prevedere un Lecce abbottonato con il 4-4-1-1. Invece De Canio non rinuncia a giocarsela, schierando una formazione offensiva e, soprattutto, aggressiva. Ofere smanaccia Brocchi, Mesbah ostacola Zarate, e Grossmuller fa blocco su Lichtsteiner. Nel complesso, il Lecce attacca di più come testimonia il conto dei corner alla fine del primo tempo: 9-5. Senza Ofere, costretto ad uscire per infortunio, i salentini non perdono la forza d’urto: proprio il pressing alto del neo-entrato Corvia costringe Muslera all’uscita spericolata fuori dall’area, quindi irrompe Stendardo che respinge di testa una “campana” di Bertolacci, spedendo il pallone sui piedi di Jeda: il brasiliano controlla e da fuori area scarica di destro il pallone che, prima di insaccarsi, colpisce il palo e la schiena di Muslera.

Nella ripresa è la Lazio a fare la partita, ma il Lecce non rinuncia mai ad attaccare. Tanto che, sul ribaltamento di fronte di una pericolosa azione offensiva della Lazio, Vives mette in mezzo, Corvia manca l’aggancio e Grossmuller indisturbato infila Muslera. A 7’ dalla fine il Lecce spreca un’occasione incredibile per chiudere il match: né Corvia (Biava salva sulla linea), né Munari (traversa), né Jeda (si incarta sull’uscita repentina di Muslera), né tanto meno Grossmuller (in mezza rovesciata) riescono a battere a rete.

[Federico Farcomeni – Fonte: www.lalaziosiamonoi.it]