23 settembre 2012, Lazio-Genoa 0-1. 3 novembre 2013, Lazio-Genoa 0-2. Il tabù a forma di Grifone trova conferma in due partite così lontane, così vicine. Togliendo il rigore (contestabile) che ha portato al raddoppio, i rossoblù hanno ripetuto lo stesso copione di un anno fa: barricate e colpi da incassare, alla prima ripartenza arriva il gol. In entrambi i casi, i biancocelesti non scesero in campo con la formazione-tipo: allora per il turnover scelto volutamente da Petkovic, oggi per la miriade di assenze che affligge la rosa. Stop, fine delle similitudini? Risposta affermativa. Perché la Lazio del primo Petko mise il piede in fallo dopo aver vinto e convinto nelle partite precedenti, per poi tornare a vincere (se non sempre a convincere) con discreta continuità per tutto il girone di andata (eccezion fatta per le batoste di Napoli e Catania).
La Lazio attuale non fa altro che ribadire contro il Genoa ciò che è chiaro già da inizio stagione: questa squadra non ha un gioco, non ha schemi, non conclude, semplicemente non va. E pensare che nel primo tempo la prestazione non era da buttare. Anzi, rispetto ai primi tempi con Sassuolo, Atalanta, Apollon e Cagliari, i biancocelesti hanno sicuramente fatto meglio. Il lato inquietante è che questo è anche il massimo che la formazione di Petkovic oggi riesce a compiere. Perché il Genoa si è difeso con dieci uomini e Perin ha parato tutto, ma la Lazio non può limitarsi a sperare che uno dei suoi giocatori principali (Klose, Candreva) trovi il guizzo giusto per segnare. Una squadra che vuole ambire per l’Europa dovrebbe avere un gioco, un’identità tattica, uno spartito di schemi che la guidi contro ogni avversario. La Lazio di oggi è invece una massa informe, in cui i più bravi della classe provano a inventare qualcosa, ma alla fine vengono risucchiati dall’anonimato generale. Si cerca troppo il cross dal fondo, si rinuncia a battere il ferro per vie centrali.
Vedi il Torino contro la Roma – palla costantemente scaricata sui piedi di Cerci, nella speranza che s’inventi qualcosa – e ti chiedi dove hai già visto questo film. La risposta è semplice, l’hai visto alla Lazio, dove spesso avviene la stessa cosa con Candreva. Fare gol diventa allora un’impresa quasi impossibile. Subirne invece è di una facilità mostruosa. Anche ieri la difesa si è prodigata in un numero indefinito di errori individuali. Nell’azione in cui Gilardino non riesce a controllare il pallone a tu per tu con Marchetti, Ciani perde la marcatura in maniera banale. Sulla rete di Kucka, invece, Cavanda non riesce a contrastare a dovere lo slovacco, benché avesse tempo, spazio e possibilità per farlo senza troppi problemi. E’ una Lazio prevedibile, che gli avversari leggono a meraviglia. Non a caso Gasperini manda in campo nella ripresa il funambolo Fetfatzidis: dopo un primo tempo passato a respingere i caotici assalti biancocelesti, il tecnico rossoblù ha capito subito di poter dare una svolta all’incontro, aumentando il peso specifico in attacco. Dall’altra parte, Petkovic ha a disposizione alternative che non riescono a imprimere una sterzata alla squadra: Ederson e Perea entrano per far cambiare passo alla squadra, ma finiscono per rimanere adagiati al grigiore collettivo. Un grigiore che appare tristemente intriso nelle vesti biancocelesti.
[Stefano Fiori – Fonte: www.lalaziosiamonoi.it]