Ripercorrere sotto la lente d’ingrandimento Sassuolo-Lazio, per quanto riguarda la partita in sé, è un evitabile sfida alla bile di chi ieri, ahi lui e ahi noi, il match l’ha visto. Un gol nato da calcio da fermo e un’invenzione di Candreva: solo così ieri i biancocelesti avrebbero potuto segnare. Una rete fotocopia di quella laziale e un gol su punizione con evidenti responsabilità di Marchetti: il Sassuolo così ha segnato, ma di azioni pericolose ne ha prodotte molte di più. E che i giocatori di Eusebio Di Francesco abbiano l’amaro in bocca la mancata vittoria è abbastanza indicativo della mezza frittata combinata dalla Lazio. Certo, “potrebbe piovere” diceva Igor in Frankenstein Junior: la frittata poteva essere completa, la Lazio avrebbe potuto anche perdere. No anzi, come non detto: farsi recuperare dal 2-0 ottenuto a inizio ripresa è una frittata in piena regola.
PREMESSA: IL MERCATO – I novanta minuti di Reggio Emilia sono invece utili e indicativi per ragionare sui tanti aspetti che non convincono della Lazio attuale. E della gestione della formazione, dei moduli, dei cambi da parte di Vladimir Petkovic. Con una premessa fondamentale, senza la quale ogni discorso è zoppicante: le lacune della rosa biancoceleste nascono prima di tutto dal mercato. Manca un difensore centrale giovane e affidabile, manca una punta con le stesse caratteristiche. Che Biava e Klose non fossero Highlander si sapeva da tempo, ma ciò non sembra aver scalfito più di tanto le convinzioni nella stanza dei bottoni di Formello. Come è noto che Konko fatica a giocare più di tre partite di fila, il che fa diventare Cavanda indispensabile. Detto questo – e considerato che la mole di infortuni sta andando oltre a ogni previsione e responsabilità – c’è molto che non va nel modo in cui la Lazio scende in campo.
SQUADRA SENZA MODULO BASE – Lo scorso anno il modulo di base era uno: 4-1-4-1. E anche lo schema di gioco: Klose apriva gli spazi centrali, Mauri portava via i marcatori, Hernanes e Candreva s’inserivano per colpire. Una squadra brava nell’orchestare azioni col pallino del gioco in mano, ma letale soprattutto nelle ripartenze. Un sistema che già da febbraio in poi – non a caso a partire dall’infortunio di Mauri – aveva mostrato evidenti rallentamenti. La nuova stagione non l’ha certo riconsegnato tirato a lucido, senza il capitano poi diventa quasi impraticabile: il numero 6 è l’unico in rosa capace di risultare decisivo anche toccando un paio di palloni massimo a partita. I movimenti senza palla erano il meccanismo più bello che riusciva alla Lazio dello scorso anno, oggi sono pressoché scomparsi. Settembre 2013 dice che Petkovic non ha ancora trovato il sistema più adatto a questa squadra. Il 4-1-4-1 di adesso suona come volersi illudere che nulla è cambiato, il 4-4-1-1 è una ruota di scorta per dare un pizzico di sostanza in più a un attacco spuntato. Il 4-2-3-1? Un “vorrei ma non posso”, così come la difesa a tre. Se poi, come ieri, il tecnico laziale cambia modulo per quattro volte nella stessa gara, la confusione che ne esce fuori è totale. Essere camaleontici è una virtù, ma solo se alle spalle hai un’identità ben precisa.
CANDREVA-DIPENDENZA, EPPURE I PIEDI BUONI… – Settembre 2013 dice anche un’altra cosa: i biancocelesti sono Candreva-dipendenti. In ogni singola partita, i maggiori attacchi arrivano dalla destra, i compagni cercano il numero 87 come a dire: “Pensaci tu!”. Ecco che il gioco offerto dalla Lazio si limita troppo spesso a “palla a Candreva e tiro in porta” oppure “palla a Candreva, cross in area, respinta della difesa”. E pensare che la rosa è piena di giocatori che sanno dare del tu al pallone: da Ledesma a Hernanes, da Ederson a Biglia. Ma se la testa non gira e le idee non sono chiare, anche i più bravi finiscono per compiere orrori in fase di palleggio, come avvenuto ripetutamente contro il Sassuolo. Da Ledesma non si può certo pretendere che sia lucido in fase d’impostazione, se un secondo prima è costretto a tappare i buchi creati dai difensori. Su Hernanes c’è un libro a parte da scrivere, le sue giornate di totale apatia sono ormai tanto proverbiali quanto inspiegabili. E Biglia? “Ce serve o nun ce serve?“, chiedeva a proposito del Tevere Armando Feroci (alias Carlo Verdone) in Gallo Cedrone. Lo scorso anno la necessità di un’alternativa a Ledesma era conclamata, oggi sembra quasi un lusso avere in rosa un palleggiatore sopraffino come il nazionale argentino. La sensazione è che mettere l’ex Anderlecht al centro del progetto tecnico, dandogli modo di integrarsi appieno, potrebbe dare una bella sterzata al gioco laziale. E il dualismo con Ledesma cadrebbe una buona volta per tutte: i giocatori intelligenti sanno coesistere insieme, se tutta la squadra in campo sa cosa fare.
CAMBI, MENTALITA’ E NUOVI – Ultimo punto: problema coi cambi e proclami battaglieri puntualmente disattesi. Due spunti apparentemente slegati, che contro il Sassuolo sono però andati di pari passo. Come si può sostenere che la Lazio “deve dominare l’avversario“, se sul 2-1 Petkovic prima toglie Ederson – invece di un impalpabile Hernanes – e poi inserisce Cana per passare a una difesa a tre, andante verso i cinque? Una squadra che vuole dominare cerca il gol del 3-1 e il suo tecnico inserisce un attaccante, perlomeno un centrocampista offensivo. E’ vero che la Lazio di oggi fatica a mettere sotto l’avversario già di suo, ma l’allenatore ha anche il compito di suonare la carica, svegliare dal torpore i propri uomini con mosse coraggiose. E qui si lega il terzo aspetto: perché ieri non è stato dato spazio a Perea, a Felipe Anderson, a Keita? Tre giocatori offensivi, che avrebbero permesso alla squadra di tenere palla, di far salire il baricentro. Soprattutto, tre giovani su cui cercare di costruire qualcosa di nuovo. Insistere su Floccari prima punta non è la via giusta, che almeno si dia una possibilità concreta a Perea. Che non sarà il nuovo Ibrahimovic, ma è l’unica punta che ha concesso il mercato. Felipe Anderson è considerato guarito, è l’acquisto più costoso, che si butti finalmente nella mischia. Keita non sarà ancora in grado di risolvere tutte le partite, magari è ancora acerbo ma è un talento puro e può far solo bene a questa Lazio. Il materiale a disposizione di Petkovic attualmente è limitato, ma il tecnico di Sarajevo è in grado di far di necessità virtù. Lo fece all’inizio dello scorso anno e i risultati arrivarono subito. Può riuscirci anche adesso, con un po’ più di coraggio.
[Stefano Fiori – Fonte: www.lalaziosiamonoi.it]