Sì, è vero: la Lazio ci ha provato fino all’ultimo a tenere viva la partita. Tanto Candreva, quanto Keita e Felipe Anderson hanno fatto guadagnare ad Handanovic un voto alto in pagella. Ma se il secondo tempo è stato di marchio biancoceleste, il motivo sta nel fatto che l’Inter aveva in pugno il match già a fine primo tempo. “Attenzione: tenere lontano dalla portata delle scuole calcio“, recitano le prime tre reti incassate dagli uomini di Reja. Non che il gol inferto da Hernanes sia esente da colpe: il grande ex si è accentrato indisturbato fino a trovare la mattonella più adatta. Ma gli svarioni sulla doppietta di Palacio e sul sigillo di Icardi sono da antimanuale del calcio. La difesa laziale è stata tagliata come il burro da tre verticalizzazioni facilmente leggibili. Prendete i due assist di Kovacic, ci sono tutte le lacune dell’assetto tattico di stasera: il filtro di Onazi e Biglia è stato pressoché nullo (l’importanza di Ledesma si vede soprattutto quando Cristian è assente), la difesa a tre senza Radu fa rima con harakiri.
Uno stato di cose riconosciuto da Reja, che sperava di sfruttare maggiormente la trazione anteriore del proprio schieramento. In questo modo però gli equilibri sono presto saltati, la Lazio ha dilapidato irresponsabilmente il vantaggio flash ottenuto dopo un minuto e mezzo. La difesa brucia ciò che l’attacco produce: quello che faceva la Lazio di Petkovic, non certo quella ricostruita dal ritorno di Reja. La muraglia insormontabile dell’ultimo derby sembra appartenere a un campionato fa. Il ruolino di marcia delle ultime otto giornate è da codice rosso: la retroguardia biancoceleste ha subito ben 18 reti, una media di 2,25 gol a partita. Un dato che provoca rabbia, perché annulla quanto di buono fatto in fase realizzativa: 16 reti, una media di 2 centri a partita. Si sognava di conquistare l’Europa, ma con questi numeri la citazione romanesco-rejana è d’obbligo: de che stamo a parla’?
[Stefano Fiori – Fonte: www.lalaziosiamonoi.it]