Lazio-Inter: precedenti e curiosità

Oltre una partita, oltre la rivalità sportiva. Tra Lazio e Inter l’antagonismo non sarà mai sui livelli inenarrabili di un derby, complice il gemellaggio tra le due tifoserie, rinsaldatosi in particolar modo dopo la morte di Gabriele Sandri. Al di là delle simpatie reciproche sugli spalti, però, i due club riservano storicamente intrecci dentro e fuori dal campo: dalle infinite trattative di mercato – compresi passaggi occasionali in tribunale – allo psicodramma nerazzurro del 5 maggio 2002, fino allo storico “Oh nooo” della Curva Nord in occasione dell’ultima sfida alla corazzata dello Special One.

MERCATO – Nello scorso gennaio, l’ultimo in ordine di tempo a percorrere la Roma-Milano fu Tommaso Rocchi, finito nel dimenticatoio a Formello e rispolverato da Stramaccioni a causa della morìa degli avanti nerazzurri, in quello che passerà alla storia come il peggior girone di ritorno nella storia recente interista. Alla Pinetina, per la verità, transitò in blocco – anche se di passaggio – tutto il tridente di deliorossiana memoria, visto che anche Zarate e Pandev (quest’ultimo a parametro zero, dopo la querelle in tribunale con Lotito) abbracciarono il club meneghino, rispettivamente nell’agosto 2011 e nel gennaio 2010. Tragitto inverso quello compiuto da Julio Ricardo Cruz, ma anche l’esperienza del “Jardinero” si rivelò alla stregua di una meteora. Discorso simile per Cesar, voluto fortemente ad Appiano Gentile nel gennaio 2005 da Roberto Mancini, a sua volta passato all’Inter sei mesi prima, dopo il burrascoso addio alla nave biancoceleste in procinto di affondare. A parametro zero trovarono una maglia a strisce verticali anche Mihajlovic e Favalli, mentre, come ricorda Il Corriere dello Sport, a chiudere il capitolo dei trasferimenti turbolenti non si può non citare Stankovic, la cui cessione, peraltro, avrebbe portato in dote alla Lazio (a fine stagione) lo stesso Pandev, all’epoca in forza all’Ancona. Lotito ancora non si era insediato, ma il serbo, con il solito contratto in scadenza, sembrava aver  già detto sì alla Juventus, dove sarebbe approdato da svincolato per la stagione 2004/05: cambiò idea, facendosi convincere dall’offerta nerazzurra.

UNO SCUDETTO GRIFFATO CHOLO – Se si ricordano soprattutto i trasferimenti in direzione Milano, i pochi colpi messi a segno in direzione opposta dal club biancoceleste lasciarono molto di più il segno, soprattutto in epoca cragnottana. Basti pensare all’acquisto di Angelo Peruzzi, prelevato nel 2000 dopo appena una stagione tra alti e bassi all’Inter ed estremo difensore biancoceleste per i successivi 7 anni, ma su tutti non può che restare impresso a vita il nome di Diego Pablo Simeone. Approdato a Formello quasi per caso, come parziale contropartita tecnica (insieme a 69 miliardi di vecchie lire) nell’operazione che condusse Vieri da Moratti nell’estate 1999, il Cholo si rivelò uno degli artefici dello scudetto biancoceleste. Strepitoso il suo rush finale, proprio nel momento decisivo, quando – con la media di un gol a partita, compreso quello decisivo a Torino nello scontro diretto contro la Juventus – trascinò letteralmente Nesta e compagni alla conquista del secondo titolo.

MALEDETTA PRIMAVERA – Il nome della prima squadra della Capitale, tuttavia, resterà legato per sempre anche a una delle pagine più nere della storia interista: il 5 maggio 2002. Battendo la Lazio all’Olimpico, l’Inter di Ronado e Cuper avrebbe festeggiato un titolo atteso da tempo immemore. In corsa, però, c’erano pure le ‘odiate’ Juventus e Roma, che non potevano essere aiutate; così, a fare il tifo per l’Inter quel pomeriggio all’Olimpico, c’erano pure i sostenitori della Lazio. Servì a poco, anzi sortirono l’effetto opposto, fungendo da stimolo per Poborsky e compagni che ribaltarono due volte lo svantaggio con orgoglio e alla fine prevalsero 4-2, rispedendo lo scudetto nella Torino bianconera. Copione simile, con risultato diverso, il 2 maggio 2010. Non si trattava dell’ultimo atto come otto anni prima, ma il rischio concreto che il tricolore prendesse la via di Trigoria era concreto. Come andò è noto a tutti, con l’Inter di Mourinho a portare a casa un facile 2-0 e la Nord ad esporre il celeberrimo striscione “Oh nooo”. Quella che è meno nota è la situazione, più o meno identica, verificatasi il 29 marzo 2008, con Inter e Roma lanciate nel testa a testa scudetto che sarebbe durato fino a 20’ dalla fine del campionato, quando Ibrahimovic ruppe gli indugi a Parma. Una Lazio appena superiore a quella che due anni dopo avrebbe rischiato la retrocessione impattò 1-1 contro la capolista guidata dal Mancio, rispondendo nella ripresa con Rocchi all’iniziale vantaggio di Crespo. Poche ore prima, nell’altro anticipo del sabato, la Roma sciupò l’occasione di insediare i nerazzurri pareggiando con lo stesso risultato a Cagliari, contro i rossoblù di Ballardini ultimi in classifica. Ma questo lo ricordano in pochi…

[Manuel Gavini – Fonte: www.lalaziosiamonoi.it]

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