«Se facciamo bene, possiamo riuscire a pareggiare», lo sconfortante grido della vigilia diffuso da Miroslav Klose, la punta di diamante della costruzione di Reja, che ha riportato certezze in una squadra a lungo succube delle sue angosce ma non si è ancora attrezzata per i miracoli contro gli innumerevoli infortuni. Ultimo, quello di Marchetti, annunciato titolare ed invece rimasto a guardare Berisha. Il silenzioso Conte, mai sconfitto dal più esperto collega nei tanti precedenti a tutti i livelli, invece, ha dovuto solo gestire la squalifica di Chiellini (al suo posto, Ogbonna) e la fase calante di Pirlo (preferitogli Marchisio). Soprattutto, la ripresa dopo la sconfitta contro la Roma, chissà quando davvero inattesa ma comunque valsa l’eliminazione dalla Coppa Italia.
Diversamente dalla gara di martedì, i ruoli sono stati invertiti: è stata la Juve a prendere in mano le redini del gioco, mentre la Lazio ha preferito attendere nella propria metà campo. A differenza della squadra di Conte, però, la formazione biancoceleste non si è limitata a difendere. A fronte dello sterile possesso bianconero, gli uomini di Reja hanno risposto con ripartenze insidiose ed un pressing tenace sui portatori avversari. Così, Klose stava per beffare Buffon, impreciso su un retropassaggio di Barzagli. Così, il tedesco è riuscito nel suo intento al 24′: taglio a disorientare tutta la difesa su servizio di un redivivo Konko e tocco a superare il portiere della Nazionale. Che, inevitabilmente, gli è franato addosso: rigore sacrosanto, espulsione da (troppo severo e rivedibile) regolamento. Da lode, invece, l’applauso anche del pubblico avversario all’uscita senza protesta alcuna del capitano bianconero, sul quale pioveranno ancora più pettegolezzi dopo l’episodio.
La trasformazione vincente di Candreva ha poi entusiasmato l’Olimpico, fino ad allora animato solo dai fischi rancorosi nei confronto di Lichtsteiner. La trasformazione adottata giocoforza da Conte, invece, ha sorpreso: l’ingresso di Storari è stato permesso dall’uscita di Asamoah e non di un attaccante, come prassi. Senza toccare la spinta offensiva, il tecnico salentino è passato al 4-3-2, con Ogbonna e lo svizzero ex della serata terzini non proprio bloccati. Insomma, «uno in meno, ma me la voglio giocare». Ed infatti la Juve ha mantenuto il controllo ed è riuscita a farsi pericolosa, ma sul tiro ravvicinato di Llorente (37′) è stato pronto in due tempi Berisha. Come Bonucci in chiusura su Hernanes ma con braccio largo: intenzionale o meno, comunque episodio dubbio.
Accorta e tatticamente imprescindibile, la Lazio ha iniziato la ripresa come ha concluso il primo tempo: ordinata nella sua metà campo, senza dare opportunità a “Madama”, pronta a tornare immediatamente sui suoi passi una volta tentata una sortita offensiva, attenta a non fare giocate difficili onde evitare inutili perdite del pallone. Ma anche insidiosa: di Candreva (13′) il primo tiro del secondo round (alto), al termine di un contropiede corale. Bloccata fino a quel momento, la Juve ha tratto dall’occasione biancoceleste lo stimolo per darsi la scossa. Ed al primo ribaltamento ha pareggiato: incursione di Lichtsteiner, cross per Llorente e torsione pregevole dello spagnolo. Palombella delicata a scendere all’incrocio: gol stupendo.
La rete bianconera ha acceso la partita e fatto saltare gli equilibri: la squadra di Conte ha continuato rabbiosa ad attaccare e Berisha si è dovuto superare per deviare un tiro violento di Tevez (17′); quella di Reja non è rimasta a guardare ed ha minacciato Storari con una conclusione velenosa di Hernanes (18′). Hernanes che ha preso per mano la Lazio e l’ha guidata più volte nella metà campo avversaria, per alleggerire i compiti della propria difesa minacciata dai tentativi in sfondamento degli attaccanti bianconeri. Solo una, la punta biancoceleste, ma pericolosissima al 30′: punizione da destra di Ledesma, colpo di testa da un metro del tedesco e miracolo di Storari, che è riuscito prodigiosamente a deviare sulla traversa.
Superato il brivido, la Juve è tornata a provarci: sul tocco dentro di Tevez non è riuscito a mettere il piede Vidal (35′). Ma chi ha sfiorato incredibilmente di nuovo il vantaggio è stata la Lazio, con il folletto Keita: appena lanciato in campo, ha puntato l’area bianconera ed ha lasciato partire un giro concluso sul palo, poi sbattuto sulle spalle di Storari e rimasto lì. Per il sollievo della Juve e la disperazione biancoceleste. Gli ultimi slanci di orgoglio bianconeri e qualche folata dei ragazzi di Reja nei restanti minuti di una partita bella e combattuta. Perché la Juve non avrà fatto “13″ e la Lazio si sarà fatta rimontare in superiorità numerica, ma entrambe hanno fatto più che bene.
[Giuseppe Piegari – Fonte: www.goalnews24.eu]
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