ROMA – Gongola e gonfia il petto per la sua Lazio, oramai ammirata e con una buona dose di credibilità. È sempre al fianco dei suoi uomini, Claudio Lotito, in ogni dove lui è lì, accompagnato dal suo fido ds Tare per scrutare le prestazioni dell’undici di Pioli. Onnipresente, in tutti gli ambiti, il patron biancoceleste sogna come mai era accaduto in dieci anni di gestione. Ne è passato di tempo da quel luglio 2004, anno in cui decise di affrontare la tortuosa sfida laziale. 500 milioni di debiti, con un centro sportivo sommerso da ipoteche, Lotito riuscì a scalare la montagna più alta, risanando le casse societarie. È riuscito dove molti avevano fallito, anni di retrocessioni (vedi il Napoli post-Maradona), stagioni incolore, il patron, invece, non s’è abbattuto, ha tirato fuori la Lazio dalle sabbie mobili, consegnandogli anche tre trofei. Due Coppe Italia, una Supercoppa italiana, è questo il bottino decennale dell’imprenditore romano. Che rivendica di aver portato all’ombra del Colosseo fior di giocatori, a partire da Klose, passando per Hernanes, Kolarov, Oddo o Lichtsteiner. Adesso si gode Felipe Anderson, l’ha definito una pietra preziosa, se lo coccola e lo protegge dal corteggiamento delle big europee. Così come con Pioli, altra scommessa vinta in termine di allenatori, dopo Rossi, Reja e Petkovic. Ha dato lustro al settore giovanile, primo nel Ranking italiano oggi, è in fase di tregua nello scontro con la tifoseria biancoceleste. Che non vuole saperne di abbassare il tiro contro Lotito, come si legge sulle colonne de La Gazzetta Dello Sport, che nel suo primo periodo d’insediamento ha detto basta a delle “consuetudini” verso gli ultrà che nessuno prima metteva in discussione. Pensa solo alla sua Lazio adesso, bella e ambiziosa più che mai.
[Francesco Tringali – Fonte: www.lalaziosiamonoi.it]