“Mi piace recuperare la palla e distribuirla“, ma non chiamatelo già vice-Ledesma. Lucas Biglia è a un passo dalla Lazio, dopo il derby ci sarà tempo e modo di definire gli ultimi dettagli. Operazione da 6-6,2 milioni di euro, quadriennale da 1,4-1,5 milioni: dopo la punta colombiana Brayan Perea, il secondo acquisto 2013/14 sarà proprio il centrocampista argentino. Saluterà l’Anderlecht dopo otto lunghe stagioni, uno scudetto vinto domenica proprio grazie a una sua punizione, la fascia di capitano ormai tatuata sul braccio. Per i tifosi del club belga è un addio molto simile a quello di Roberto Mancini dalla Sampdoria (fatte salve le dovute proporzioni tra un buon giocatore e un fuoriclasse assoluto).
Biglia arriverà a Roma principalmente per un obiettivo: permettere a Cristian Ledesma di concedersi il lusso di una pausa ogni tanto. Poi starà a Vladimir Petkovic capire se i due potranno giocare insieme o se, addirittura, l’argentino riuscirà a mettere in crisi lo status d’intoccabile del suo connazionale. “Guardo il calcio di Xabi Alonso, dà equilibrio al Real Madrid e alla sua Nazionale“, il modello di Biglia è chiaro: come riporta il Corriere dello Sport, lo scorso anno fu proprio il club madrileno a mettere gli occhi su di lui: “Mi fu detto che Mourinho era interessato a me“. Il prossimo anno la sua terra sarà l’Italia, una sorta di ritorno alle origini: i suoi antenati hanno origini fiorentine. La Lazio come occasione per rilanciarsi in nazionale, dopo la convocazione alla Coppa America nel 2011: “Per riconquistare l’Argentina devo giocare in un torneo importante“, allora si capisce la scelta di approdare in Italia. Di viaggi ne ha fatti pochi nella sua vita, gli è bastato quello compiuto a 20 anni: dal Sudamerica all’Europa, dalla calda Argentina al freddo Belgio.
Deve tutto al padre Miguel Angel “Pego”: ancora in fasce gli ha messo un pallone tra i piedi, a quattro anni lo portò al Quilmes, a dieci lo fece esordire nella squadra di Mercedes (città natale di Biglia) da lui gestita. Poi il salto all’Argentinos Junior, la squadra dove uscì alla ribalta un certo Maradona: “Grazie a Dio mi sono formato nell’Argentinos, in una scuola mirata, utile ai centrocampisti centrali. Lì insegnavano a distribuire il gioco, a far scorrere la palla, è il mio calcio. A quel tempo segnavo molto su rigore o su punizione, anche tirando da lontano. Nel corso degli anni ho un po’ perso questa caratteristica. Mi piace recuperare la palla e distribuirla, al gol arrivo in modo diverso, dialogando con i compagni, attraverso scambi e inserimenti“.
Quest’anno sono state 5 le reti messe a segno, condite da 9 assist. Prima del salto in Europa, l’esperienza all’Indipendente, dove fu allenato dalla leggenda argentina Cesar Luis Menotti: “É stato un grande, devo dirgli grazie se gioco a calcio a certi livelli. Devo molto anche a Falcioni, un giorno all’Independiente si mise davanti a me, mi prese la mano, mi disse che la maglia 5 era mia, che il posto da titolare dipendeva da me, non dai giocatori che sarebbero arrivati“. Nel 2008 l’addio al padre, un momento difficile per Lucas. Come quello vissuto a gennaio, quando voleva partire: si è ripreso, ha guidato l’Anderlecht allo scudetto, così da poter salutare al meglio i suoi tifosi. Lo chiamano el Principito, è sposato con Cecilia Ambrosio: la loro figlia Allegra ha quattro anni. La famiglia sarà entusiasta di conoscere Roma, chissà se la moglie non starà già chiedendo informazioni sulla loro prossima casa.
[Stefano Fiori – Fonte: www.lalaziosiamonoi.it]