È l’uomo del momento. La vera novità biancoceleste della Lazio targata 2012/2013. Arrivato tra lo scetticismo generale, Vladimir Petkovic ci ha messo poco a ribaltare ogni pronostico e ha costruito una squadra valida e che esprime un ottimo calcio su ogni campo. Non si vedeva da tempo una squadra così propositiva, una squadra che “cerca sempre di dominare l’avversario”, frase tanto cara al tecnico di Sarajevo. Sta volando la sua Lazio. Nessuno si aspettava un inizio così, forse nemmeno lui. Otto vittorie in undici gare ufficiali, questo è il suo primo bilancio dell’avventura romana, e se poi ci metti il terzo posto in campionato e il primo nel girone di Europa League, allora il cocktail per un inizio stupefacente è pronto. Ma a lui non piacciono i complimenti. A lui piace di più entrare in campo e lavorare.
Anche perché non c’è tempo per fermarsi a festeggiare, sabato i suoi ragazzi riprenderanno il cammino in campionato, interrotto dalla sosta dovuta alle nazionali, e la concentrazione deve rimanere alta, perché nell’anticipo contro i rossoneri, i capitolini dovranno dimostrare di saper far bene anche con le grandi e che quella di Napoli è stata solo una brutta serata. E allora proprio in vista del big match contro mister Allegri, il tecnico ex Sion ha rilasciato un’intervista ai microfoni della Gazzetta dello Sport, nella quale parla di Lazio a 360°, ripercorrendo tutti i momenti di questo avvio mozzafiato.
OBIETTIVI – Ormai non ci si può più nascondere dietro un dito. Il primo scorcio di campionato ha detto che la Lazio è una grande squadra, e come tale è pronta per raggiungere grandi obiettivi, anche se non ditelo a lui: “Dove arriverà la Lazio? A Natale lo sapremo, ora è troppo presto”. Così esordisce Vlado, che poi “rabbrividisce” alla parola Scudetto: «È un traguardo così lontano, io non vedo neppure dicembre. E poi a giocarsi lo scudetto ci sono almeno sei o sette squadre che hanno le carte in regola per contenderselo. La classifica attuale rispecchia i valori del campionato».
BIG MATCH – E’ il suo diktat: pensare una gara alla volta, non guardare oltre quello che c’è di fronte al naso. E allora si parla proprio della prossima giornata, quella che vedrà due anticipi da leccarsi i baffi: prima Juventus-Napoli, che metterà di fronte le prime forze del campionato e poi appunto Lazio-Milan, con un Olimpico che si preannuncia quello delle grandi occasioni, e allora Petko, dopo aver fatto un pronostico sulla sfida dello Juventus Stadium, «Vedo in leggero vantaggio Juve, perché gioca in casa», passa a parlare della gara delle 20.45 e lo fa con la sua solita “spavalderia” che fa impazzire i tifosi biancocelesti. «Chi è favorito tra Lazio e Milan? La mia squadra è sempre favorita». E in questo caso, favorita lo è davvero, i punti in classifica e la differenza nel gioco fanno sì che Klose e compagni si presentino all’appuntamento con le quote più basse, come spiega lo stesso Petkovic: “Cosa abbiamo in più? «I punti. Il resto va dimostrato. Finora abbiamo fatto il nostro dovere, anche nei primi 20’ di Napoli. Ora aspetto la conferma di sabato: voglio che la Lazio dimostri di essere grande con le grandi. La squadra deve migliorare nella capacità di reagire ai momenti difficili e nel saper mantenere un livello alto di gioco per 90’». Che poi chiude con una battuta il capitolo “diavolo”: «Chi toglierei al Milan? Beh…si stanno togliendo di mezzo da soli (il riferimento è agli infortunati rossoneri, ndr). Ma non guardo gli avversari, noi abbiamo il nostro stile di gioco proattivo».
DERBY – Una domanda sulla stracittadina non poteva mancare, soprattutto ora che manca meno di un mese alla sfida più attesa dell’anno. Non è dello stesso parere il tecnico biancoceleste, per lui esiste soltanto domani, e già dopodomani è un traguardo troppo lontano per preoccuparsene, come conferma lui stesso: “Se con la Roma sarà la sfida più importante della stagione? No, quella più importante è sempre quella successiva”. Così ha tuonato il possente allenatore, anche se sa che quella con i cugini non è una gara come le altre: «Non ho detto questo, non lo penso». Si è fatto un gran parlare, in estate, delle concordanze tra il suo gioco e quello del boemo, ma se gli si chiede se questo sarà un derby all’attacco, lui risponde: «Io per calcio proattivo intendo anche la fase difensiva…». Il capitolo stracittadina si chiude ancora una volta con una frase a effetto, di quelle che animano l’entusiasmo dei tifosi e che ne accrescono l’orgoglio. «Non cambierei nessuno dei miei giocatori». Così ha sentenziato Petko alla possibilità di cambiare qualche calciatore con quello giallorosso, che poi evita la polemica alla domanda sul caso- De Rossi: «Ho imparato una cosa: si può avere un’idea precisa su un calciatore solo allenandolo».
SINGOLI – Da Hernanes a Klose, da Zarate a Ederson, passando per Ledesma e Mauri. Nel bene o nel male, sono loro gli uomini di spicco di un’ottima rosa, che dopo le buone prestazione degli anni precedenti, in questa stagione sta dimostrando che potrebbe essere arrivato il momento del “benedetto” salto di qualità. Le prime parole sono sul Profeta, messo in discussione da qualcuno dopo una stagione in chiaroscuro e sotto i suoi occhi rinato e diventato un calciatore decisivo e fondamentale: «Aveva perso fiducia, ora è in grande forma. In estate l’ho provato in diversi ruoli, poi ci ho parlato e ho capito dove avrebbe potuto rendere di più. Può arrivare a livelli assoluti». Dal brasiliano, si arriva a Klose. Il panzer è ovviamente l’uomo di punta (non solo per il suo ruolo) di questa Lazio. La sua carriera e la sua forma non possono fare altro che confermare gli elogi e i riconoscimenti che sta avendo di questi tempi, e allora proprio Petkovic, il tecnico che ce l’ha sotto gli occhi tutti i giorni, ci parla un po’ del suo bomber: «Ora con la Germania ha risposto anche a chi lo aveva criticato (Hoeness, ndr). Fosse per lui giocherebbe 24 ore su 24, starà a me gestirlo. Ma il mio compito è far sì che la Lazio non sia Klose-dipendente». Lui è croce e delizia del popolo biancoceleste, letteralmente spaccato tra quelli che ancora pensano che possa tornare ai livelli del primo anno e altri che invece hanno perso la pazienza e di chance all’argentino non ne vogliono più concedere. L’esclusione con il Pescara aveva fatto scoppiare un caso-Zarate poi subito rientrato e Vlado non può non dire due parole anche su di lui: «Ricordo il suo primo anno con la Lazio. Ma il difficile è confermarsi. Nel calcio il passato non conta. Ti dà un po’ di credito, che poi finisce. E io sto aspettando che Zarate mi faccia vedere in campo il suo valore e riconquisti la fiducia dei suoi compagni. Il resto sono chiacchiere». Dall’attacco ci spostiamo alla mediana. Due di loro già li conoscevano tutti, e stanno semplicemente confermando le ottime prestazioni fatte negli anni passati, l’altro è stata una piacevole sorpresa per il popolo laziale, un po’ scettico al suo sbarco nella Capitale e ora più convinto della sua importanza. Il mister si leva subito il dente sulla situazione Mauri: «Non faccio il prete, non entro nella privacy di un calciatore, a meno che non sia lui a chiedermelo», per poi proseguire ad esaltare le doti di un altro centrocampista, Cristian Ledesma, sempre più importante sia in campo che fuori: «È uno dei play, vorrei che la mia squadra avesse tutti play in campo». Le parole sui singoli finiscono quando si parla di Ederson. Il brasiliano è partito alla grande con due gol in due gare da esterno di centrocampo, anche se Petko ha in mente altro per lui: «A Nizza giocava anche da mediano. Ecco, vorrei rivedere quel giocatore lì, a tutto campo».
ITALIA – Dalla piccola Svizzera, quella con i tetti rossi e le montagne sempre bianche, Petkovic è stato trasportato in una realtà diametralmente opposta, fatta di polemiche ed esaltazioni, di ritmi frenetici e pressione sempre alta, anche se il trapasso non ha impensierito più di tanto quell’omone venuto dai Balcani. Arrivare in Serie A era uno dei suoi obiettivi, e a chi gli chiede se magari oggi il Belpaese sia meno affascinante di altri, lui risponde: «Non è vero. La Serie A ha perso qualche nome importante, ma conserva il suo fascino. Ci sono molti più giovani anche nei grandi club ed è cambiato il modo di giocare. Oggi in Italia ci sono tante squadre, anche tra le piccole, che fanno un bel calcio». Il calcio tricolore è sempre di moda quindi. Ma quali sono i campionati, oltre al nostro, ad interessarlo di più? E la risposta non si fa attendere: «La Premier è il torneo più vario. C’è lo stile inglese puro, quello francese, quello italiano. In questo momento però la Bundesliga è ancora più interessante. Con tanti laboratori di gioco, in primis quello del Borussia Dortmund». Al suo arrivo nella Capitale, il tecnico ex Young Boys portava in dote la conoscenza di molte lingue, tra cui già un ottimo italiano, fattore che lo ha sicuramente aiutato nel suo ambientamento in una nuova realtà e nella conoscenza di un gruppo formato da tanti calciatori stranieri: «Ho una fortuna: tutti conoscono l’italiano e i discorsi di gruppo li faccio nella vostra lingua. Poi se devo parlare da solo con Klose, mi esprimo in tedesco». Il capitolo Italia si chiude con un ringraziamento al commissario tecnico degli azzurri, tra i primi a dare il benvenuto al nuovo allenatore della Lazio: «Se ho avuto modo di conoscere altri allenatori? Per il momento solo contatti veloci. Ho apprezzato molto il messaggio di auguri che mi ha inviato il c.t. Prandelli. Quando parlo di calcio italiano che si sta rinnovando nel gioco mi riferisco anche alla sua nazionale».
SPAGNA – Da un profondo conoscitore di calcio come lui, una battuta sulle due squadre più forti al mondo era d’obbligo. È il quesito del decennio: Barça o Real? C’è chi si schiera col Tiki-Taka blaugrana, esportato senza successo nella sponda giallorossa del Tevere e chi invece con la “spocchia” di Mourinho e Cristiano Ronaldo, Petkovic invece? «Un mix. Io mi sento tendenzialmente più vicino al modo di interpretare il calcio di Guardiola. Ma l’organizzazione, la velocità e gli equilibri difensivi di Mourinho sono altrettanto validi». E da Barça-Real, poi il duello in campo vien da sé… Messi o Ronaldo? «Dico Ronaldo. Il valore di Messi non si discute, è un fuoriclasse. Ma lui è fenomenale all’interno dell’impianto di gioco costruito dal Barcellona, Ronaldo è più duttile».
LOTITO – Il confronto con un presidente così focoso non dev’essere semplicissimo per ogni allenatore, anche si il numero uno biancoceleste ha dimostrato di andarci piano con gli allenatori e i pochissimi esoneri alle spalle lo dimostrano. Fattore confermato anche dallo stesso Petkovic, perché quando gli viene chiesto se il patron laziale è una persona difficile con cui andare d’accordo, lui risponde: “No, tutt’altro. E’ una persona che ha entusiasmo, energia e idee chiare. Il rapporto con lui è stato ottimo sin dal primo incontro” – che poi prosegue – “Se mi suggerisce mai la formazione? Assolutamente no. Anche perché con me mai nessuno lo ha fatto. Si può discutere anche di questioni tecniche. Ma le decisioni, in quel campo, spettano solo a me”. Come ha raccontato in passato però, non è stato il presidente la prima persona con l’aquila sul petto ad aver scoperto il talento di questo tecnico e i meriti di questa scelta sono da dare a un altro: “Il primo a conoscermi è stato il d.s. Tare che seguì spesso il mio Young Boys. Ma l’incontro decisivo c’è stato a maggio anche con Lotito. Prendere il posto di Reja era scritto nel destino” – spiegando meglio il perché – “Fui molto vicino a sostituirlo all’Hajduk Spalato quando lui passò alla Lazio. Due anni e mezzo dopo eccomi al suo posto alla Lazio”.
FINALE – Le ultime battute di questa interessante intervista sono sul suo passato e sulla sua terra, un’area con grande tradizione calcistica, che però ultimamente non sforna talenti come un tempo: «Le guerre degli anni 90 hanno provocato la fuga all’estero di tantissimi giocatori. E’ mancato il ricambio generazionale. Però grandi talenti ci sono sempre. Come Jovetic, per esempio. Lui e Cavani sono i giocatori più forti della Serie A. Non sono gli unici campioni, ma per me sono i migliori». E il riferimento al suo modello: «A chi mi sono ispirato? Mio padre, che ha fatto prima il giocatore e poi l’allenatore. Mi sono ispirato solo a lui»
[Gianmarco Frizzola – Fonte: www.lalaziosiamonoi.it]