Una clessidra che si rivolta e la settimana più lunga dell’anno scivola via negli ultimi istanti più importanti del campionato. Derby numero 139 all’Olimpico va in scena la stracittadina che catalizza come null’altro evento in questa città l’attenzione e le passioni di un intero popolo. Calcio e agonismo, sport che unisce e colori che dividono. Lazio e Roma anime diverse, stili opposti di una stessa madre. La capitale che si ferma ribadendo una contrapposta maniera di godere del pallone che rotola. Il sipario si leva nel ricordo di Gabbo e lo spettacolo si materializza in un attimo sugli spalti. Lo scroscio di applausi non conosce divergenze. La memoria di Gabriele che rinsalda i cuori e in pochi attimi accantona la sfida aperta di una città. Adrenalina allo stato puro, competizione vera, rivalità che riparte nel giorno della sfida assoluta.
È uno spettacolo inedito per chi come Petkovic l’aveva vissuto solo in cartolina o nelle immagini rubate oltreconfine. Zeman l’integralista invece, la febbre derby ha deciso di dribblarla da sempre. Fuggire per non morire, aggrappandosi all’inverosimile teoria di chi non sa vivere a pieno emozioni e passioni. Stili diversi, dunque non solo sugli spalti, non soltanto in panchina, ma anche in campo. La frenesia di chi corre e cercare la supremazia nel gioco corale. Il diktat di Zeman che non cambia e che tenta di affossare l’avversario confezionando un tornando di azioni e di giocate. Ma il tornado di questa neonata Roma però più che somigliare ad un ciclone sembra esser ancora un timido venticello. Ne approfitta la Lazio che alla smania contrappone la calma. La confusione Zemaniana soccombe alla Petko-Ragione.
Gira attende col passo felpato di una pantera affamata la Lazio. Ha studiato, scrutato e osservato decine e decine di volte la rivale più odiata del campionato. Accantonare le emozioni, per mandare alle corde l’avversaria. Il rapace e il felino insieme fuse in un mix che solo Petkovic è riuscito a realizzare dalle parti di Formello. La ragnatela a centrocampo è fitta da far paura. Nulla passa, nulla si perde fra le corse frenetiche di portatori d’acqua laziali. Una macchina da guerra che studia la preda e ragiona prima di affondare il colpo. È una Lazio da brividi quella che si accende con le giocate del fenomeno Klose e illumina l’Olimpico con le magie di Hernanes.
Ma è una Lazio che fa del gruppo la sua vera forza, nell’autentica essenza del motto da moschettiere: “Uno per tutti, tutti per uno…”. E allora la Roma si sfalda e si perde. E allora la creatura di Zeman si sgonfia e finisce nelle grinfie di Mauri e Gonzalez. Sparisce dietro le corse di Lulic e Candreva. Si inchina allo strapotere di Dias e Biava. Un cocktail esplosivo, messo insieme da Vladimir Petkovic per conquistarsi del tutto scettro e corona di una città in festa, quella a tinte biancocelesti. Serviva una prova da grande e la Lazio ha dimostrato di esser lo. Non teme nessuno questa macchina laziale. Non si pone limiti la compagine biancoceleste, né tantomeno obiettivi, anche se il motto resta sempre lo stesso. “Dobbiamo dominare gli avversari…”.
La pantera ha azzannato, l’aquila ha trascinato lontano la carogna, spazzando via l’orizzonte da possibili rivali annidate dietro le sponde del biondo Tevere. Dobbiamo dominare ripete Petkovic. La Lazio lo ha fatto anche se con un po’ di affanno nel finale. Lo ha fatto con la aplomb di una squadra che sa controllare, governare e superare un’avversaria scomoda per mille motivi. Lo ha fatto senza troppe sbavature, né eccessivi patemi. La grandezza di Klose e compagni sta proprio qui: giocare da squadra e vincere da grande. I colori della Nord, la scenografia per Gabriele Sandri, l’abbraccio virtuale di 40 mila laziali ai propri beniamini al fischio finale. Ledesma emozionato, Candreva che si commuove al gol, Petkovic impazzito di gioia. Questo è l’epilogo di un derby perfetto sognato da un popolo intero, questo è lo spettacolo goduto dal tifo laziale nei 90 minuti più intesi di una stagione.
[Alessandro Zappulla – Fonte: www.lalaziosiamonoi.it]