I due piloti della Ferrari parlano delle loro carriere di cosa significa per loro la Ferrari, dell’interesse crescente attorno alla Formula 1 e i pericolo di questo sport
Nel primo numero Hype di GQ, dedicato alle persone, ai prodotti, ai progetti e alle idee più originali ed entusiasmanti nei settori della moda, dello sport, della musica, del cinema, della TV, del grooming e della tecnologia, Charles Leclerc e Carlos Sainz parlano con Tom Lamont delle loro carriere alla Ferrari, dell’impatto di Drive to Survive di Netflix, dei pericoli della F1 e di molto altro. L’intervista è la seconda di due storie di copertina di GQ Hype. La prima vede protagonista l’attore Jacob Elordi.
Leclerc e Sainz – due giovani astri nascenti del motorsport, i cui profili sono stati amplificati dalla popolare serie di Netflix Formula 1: Drive to Survive – hanno l’ambizione realistica di riportare i titoli del campionato alla Ferrari dopo molti anni di assenza. Entrambi hanno fatto molta strada dall’inizio della loro carriera. Leclerc, un ventiquattrenne monegasco sveglio e intelligente, è riuscito ad arrivare solo fino a uno degli ingressi principali quando è venuto qui per conoscere il tempio della Ferrari. All’epoca aveva 11 o 12 anni ed era accompagnato da un amico di famiglia impiegato nel complesso, ma non è entrato.
«Così rimasi seduto nel parcheggio per due ore e intanto cercavo di immaginare come fosse l’interno della sede», ricorda. «Nella mente mi figuravo di ammirare una struttura simile a quella vista in Charlie e la Fabbrica di Cioccolato, capisci? Con gli Umpa Lumpa che scorrazzavano in giro».
Il compagno di squadra di Leclerc, Sainz, uno spagnolo semplice e gentile proveniente da un team rivale quando la Ferrari lo ha cercato, è stato introdotto a Maranello con il favore delle tenebre.
«Fu una spedizione segreta», precisa il ventisettenne, «perché dovevo aspettare la scadenza del mio contratto con un’altra squadra». Sainz ha sempre desiderato entrare dalla porta principale della società più antica e prestigiosa della Formula 1. «Alla fine ci sono arrivato dal retro».
Drive to Survive di Netflix, una serie che si sforza di dare visibilità alle vicende di piloti costretti a stare fuori dalla cerchia esclusiva dei vincenti, come Sainz, ha avuto un impatto importante sulla F1. Oltre ad allargare la cerchia di questo sport a nuovi fan, ha cambiato il modo in cui i tifosi si relazionano con i piloti di ogni livello. Leclerc ha conosciuto solo l’era Netflix nel suo sport, iniziata nel 2018. Sainz, invece, ha gareggiato abbastanza a lungo da notare un cambiamento del clima.
«È aumentato il numero delle persone che ti riconoscono per strada», osserva Sainz, «ci sono più sponsor, eventi, servizi fotografici». A suo avviso, la vita di un pilota è diventata un po’ meno incentrata sulla guida. «Più autografi, più rischi di distrazione», conclude lo spagnolo mentre si fa strada tra i cappellini da baseball da autografare.
Non è un segreto che le corse automobilistiche di qualsiasi tipo possano essere pericolose, ma Leclerc ne parla per spiegare quanto gli piaccia essere in Italia con la Ferrari. Sua madre a volte telefona, spaventata.
«La preoccupazione di mia madre è grandissima», precisa Leclerc. «E non so cosa dirle. Oltre al fatto che amo il mio lavoro. Non c’è nulla in particolare che possa aggiungere per farla sentire meglio. Non le dirò che starò attento. Sarebbe una falsità. Farò del mio meglio, in ogni caso. Lei lo sa bene: è uno sport pericoloso. Nel corso degli anni è diventato molto più sicuro, ma rimarrà sempre un’attività dove il rischio esiste». Leclerc fa un sorriso in apparenza stonato rispetto al tono del discorso. Nei suoi occhi c’è un leggero luccichio piratesco. «Mamma sa», aggiunge, «che sono l’uomo più felice al mondo quando sono in macchina».
L’intera storia di copertina è disponibile sul numero Hype di GQ in edicola dal 23 agosto e su https://www.gqitalia.it/sport/article/charles-leclerc-carlos-sainz-ferrari