Omaggio a Lionel Messi dopo la tripletta rifilata ieri sera al Manchester City che ha ristabilito le gerarchie dell’olimpo del calcio
Ieri sera c’è stato qualcuno che, tornando a casa dal Camp Nou, ha giurato di aver visto una cometa irradiare l’area di Barcellona
Un ragazzo, dopo aver visto la partita in TV, ha sognato ad occhi aperti, fotogramma per fotogramma, quella scia. Altri invece non riescono ancora a comprendere che razza di fortuna abbiano nell’esistere nello stesso tempo in cui un signore di nome Leo Messi sta riscrivendo pagine indelebili nella storia del calcio.
Di parole ne sono state dette fin troppe sul suo conto. Troppe colpe addossategli dopo la maledizione delle tre finali perse con la maglia dell’Argentina. Troppi giudizi su un giocatore che, forse, non andrebbe nemmeno giudicato ma solo ammirato in religioso silenzio perché ciò che fa con quell’oggetto sferico può rientrare solo nella categoria del paranormale.
I gol, i record, gli assist sono solo la ciliegina di una torta squisita, di un calciatore che continua a migliorarsi in ogni modo e in ogni partita. Ieri l’ennesima dimostrazione, l’ennesima partita-manifesto per Messi con una tripletta al suo maestro Guardiola che, per la seconda volta, raccoglie solo le briciole al Camp Nou. Numeri impressionanti quelli di Messi che, a 29 anni, ha realizzato 520 gol in carriera mettendo a segno ieri la settima tripletta in Champions League, record.
L’ennesima puntata di un one-man show. L’ennesima notte di nn alieno che vede le cose prima che esse accadono. Un alieno che riesce a servire i compagni attraverso corridoi impossibili. Un alieno che mette a dura prova la fisica dopo ogni gol, e ne sono tanti. Siamo di fronte a un calciatore che racconteremo ai nostri figli con le lacrime agli occhi quando penseremo alle sue giocate cosi splendenti e ricolme di classe. Siamo di fronte, forse, al miglior calciatore di tutti i tempi ma questo non lo scopriamo certo ieri sera quando il Camp Nou si è alzato per la millesima volta in piedi ad applaudire il suo figlio prediletto, quel figlio venuto dalla lontana Rosario e, con il tempo, si è preso tutto, il mondo intero ai suoi piedi.
Nessuna estate, nessuna competizione, nessuna prestazione con la maglia dell’Argentina, potranno mai mettere in discussione quello che questo giocatore ha regalato alla storia del calcio. Concludo con una licenza poetica del mai banale Maradona:“Veder giocare Messi è meglio che fare sesso”.