La gara iniziale col Catania aveva lasciato più dubbi che certezze e nel tifoso romanista, da sempre focoso ma mai sprovveduto, alla vigilia del match di Milano c’era già il vago sentore di una scoppola, preludio di un’altra stagione deludente dopo le premesse iniziali. Non è andata così.
Fin dai primi minuti la Roma è sembrata un’altra squadra rispetto a quella vista nella prima giornata, diversa negli uomini certamente ma diversa soprattutto nell’atteggiamento, aggressivo e feroce, due caratteristiche che in maglia giallorossa sono mancate per troppo tempo.
Nei primi venti minuti la Roma gioca meglio dell’Inter, dominando in mezzo al campo e attaccando le fasce, con Balzaretti da una parte, al quale viene lasciato spazio da Totti che si accentra, e con Destro dall’altra. Dopo il bel goal di Florenzi, uno che non ha fatto rimpiangere Pjanic e che anzi ha mostrato al serbo che in quel ruolo oltre ad avere i piedi buoni occorre avere un’altra parte del corpo quadrata, la Roma cala di intensità e soffre la pressione dell’Inter, che cerca sempre l’inserimento di Cassano o Milito dietro le spalle di Piris, apparso nuovamente titubante. Il goal di Cassano, fortunoso nel rimpallo ma figlio di uno di questi inserimenti, rimette tutto in parità e il tifoso romanista, che nella sua vita di partite così ne ha viste tante, già presagisce la beffa nel secondo tempo.
Il secondo tempo è invece palpitante e se vogliamo anche più confusionario, soprattutto da parte interista. Gli uomini di Stramaccioni perdono le distanze tra i reparti e il centrocampo, tutto sulle spalle di Guarin, viene spesso preso in mezzo nelle ripartenze giallorosse. Il raddoppio della Roma nasce dall’ennesimo pallone recuperato da Florenzi e viene confezionato da un gioiello di Capitan Totti, che mette davanti alla porta Osvaldo. A quel punto l’Inter sparisce dal campo e la Roma dopo aver sprecato un paio di occasioni trova il terzo goal sfiorando anche il quarto.
Le differenze più notevoli rispetto alla prima uscita giallorossa sono state la posizione di Totti, più accentrato e più nel vivo dell’azione, grazie alla quale ha giocato moltissimi palloni ed ha sfoderato una prestazione sontuosa degna di paragoni con altre epoche calcistiche (Cruijff ? Hideguti?), la presenza di Destro al posto di Lamela, molto più bravo ad andare in profondità e meno lezioso dell’oggetto misterioso argentino, e la prestazione di Tachtsidis, che sarà anche lento ma ha un senso della verticalizzazione innato in grado di dare maggiore fluidità alla manovra rispetto a De Rossi in quel ruolo.
Sarà vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza disse il poeta, ed è infatti ancora presto per glorificare questa squadra, apparsa comunque ancora in costruzione e con ampi e necessari margini di miglioramento, ma le basi per una stagione da protagonisti ci sono e la mano del Boemo già si vede.
Ad Maiora.
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