Ultime presentazioni ufficiali in Serie A dei nuovi arrivi nelle rispettive squadre. Oggi è andata in scena quella di De Guzman, trequartista ex Napoli e Carpi, quest’anno in forze al Chievo. Tutto regolare penserete voi.
Bhe, non del tutto. Il rinforzo clivense ha infatti scelto la maglia numero 1 per la sua nuova avventura, numero che nella storia è sempre stato indossato dal primo portiere di ogni squadra.
Di certo, questo non è il primo caso della storia del calcio in cui un giocatore sorpre tutti per quanto riguarda la scelta del numero di maglia.
De Guzman può essere considerato il precursore del più conosciuto Edgar Davids, che nella sua avventura al Barnet scelse proprio la numero 1. E a proposito di portieri, come non ricordare la famosa 10 di Lupatelli quando militava ancora nel Chievo dei miracoli.
Sempre in porta, sono da registrare i casi di Rogerio Ceni, che indossò la 618 per una sola partita, numero che rappresentava le presenze con la maglia del San Paolo, e di Luca Bucci che, stanco del solito 1, arrivò a vestire prima il 5 e poi addirittura il 7.
Si parla di vero e proprio umorismo se si tirano in ballo il portiere Fortin e il centrocampista Gatti. Il primo scelse il 14, provate a leggere il numero in inglese e capirete, il secondo pensò bene di prendere il 44 per ironizzare sulla famosa canzone dello Zecchino d’Oro.
In attacco si sfiora la pazzia. Il bomber cileno Ivan Zamorano, quando arrivò all’Inter nel 1996, vide occupata la sua 9. No problem. Arrivo per lui la maglia 1+8, la cui somma è appunto 9. Stessa storia per Ronaldo, il Fenomeno, che approdato al Milan scelse la 99, poichè la 9 era già occupata da Inzaghi.
Il fantasista Dempsey, dopo essere passato al Tottenham e avendo trovato occupata la sua 23 utilizzata negli anni precedenti al Fulham, decise di virare sulla 2, numero chiaramente difensivo.
Ultimo, ma non per importanza, l’attaccante dell’Aberdeen, Zerouali, che utilizzò addirittura la maglia numero 0, che rinviava chiaramente al suo nome. Decisione che creò parecchio scalpore nella Federazione scozzese, che ne vietò l’uso a cominciare dall’anno seguente.
A cura di Gualtiero Sanapo