Lo sguardo di Ibra sul finale, accovacciato in campo, quasi a chiedere al Dio del calcio il significato di tutto ciò, deve fare riflettere. Il talento svedese, autentico extra-terrestre nella gara contro l’Udinese, sembra infatti dire: “Così non si va da nessuna parte…”. Alla lunga, le mie preoccupazioni estive trovano conferma: il reparto difensivo è inadatto per la conquista del titolo. Da Bonera ad Antonini, passando per Yepes, Abate e Oddo, la squadra capolista in Italia presenta una difesa non certo all’altezza, fatti salvi Thiago Silva e il quasi sempre infortunato Nesta. Ad onta (e qui l’espressione ha sia un valore idiomatico che letterale) di un attacco stellare, per il quale la società è sempre disposta a spendere, e persino a steccare qualche acquisto negli ultimi anni, la difesa viene ritenuta meno importante o forse meno bisognosa di ritocchi. Dubitando seriamente della seconda ipotesi, per la quale gli ultimi quattro gol di San Siro paiono l’ennesima salata prova dei fatti, ritengo che l’idea che abbia mosso i dirigenti sia semmai la prima: e cioè che una squadra che attacca senza sosta può permettersi di avere una difesa come tante e, nonostante ciò, risultare vittoriosa a fine anno.Fortunatamente questi luminari del calcio, che ci amministrano e così ben riflettono, non pensavano lo stesso vent’anni fa ai tempi del mantrico “Galli-Tassotti-Maldini-Colombo-Costacurta-Baresi” altrimenti non saremmo diventati il club più titolato al mondo, che tanto piace loro sbandierare.
[Sebastiano Molinelli – Fonte: www.ilveromilanista.it]