Ma quanto è bello San Siro al buio? Giochi di luce, flash di macchine fotografiche, cellulari e accendini: ecco le stelle che hanno illuminato la nostra festa.
Un tripudio di rosso e nero, una gioia cristallina che i coreografi hanno saputo esaltare e rendere indimenticabile. I nostri eroi ci hanno messo del loro: Robinho e soprattutto Gattuso in veste di goleador, Pato uomo assist, Abate sempre più treno sulla fascia e Allegri, ammiraglio e condottiero che dalla prua della sua nave chiamata volgarmente panchina guardava e dirigeva magistralmente. Davanti a lui i “suoi” ventidue ragazzi, il passato che ha reso possibile la grande avventura presente: qualcosa più di una semplice coincidenza del destino. Homo faber suae fortunae. L’immagine più bella, oltre a uno stratosferico e principesco Boateng che cammina sulla luna, sempre più idolo dei tifosi, è proprio Massimiliano Allegri che, poco prima della sfilata in stile americano e della premiazione, gioca e scherza tranquillo e rilassato con due bambini; intorno a lui una folla in delirio per un successo meritato e gustoso e lui disteso e spontaneo come durante le grigliate sul Ticino del weekend. Noblesse oblige.
Quelli che storcevano il naso al momento della sua scelta per non essere “uno di famiglia” credo che ora si siano ricreduti: San Siro è casa sua, come se lo fosse sempre stata, come per l’inossidabile Tassotti. Vi confesso che attendo con ansia la (spero) prossima festa per il trionfo europeo: vedere Allegri impugnare il microfono e intonare cori come Carletto quattro anni fa dev’essere qualcosa di unico, da raccontare ai nipoti. Ci piace la gioia, ci piace la Curva che dedica pensieri affettuosi ai cugini rosiconi e rosicanti, appesi come gufi all’ultima spiaggia alla speranza che il cielo rovini la festa: pioggia doveva essere e sole fu. Così è, se vi pare. Ci piace vedere i “figli di” scorazzare per il campo, sorridenti e accompagnati dai loro papà: i biondini di Ibra, il piccolo principe Boateng con cresta, il piccolo Nesta, il clan Seedorf o la famiglia Van Bommel. Attendevo con ansia l’ennesima performance di Oddo, incontrastato re dei festeggiamenti: dopo il mondiale 2006 dove si presentò pieno di “spirito” alle telecamere, dopo la notte di Atene del 2007 in cui sempre pieno di “spirito” cercava la medaglia perduta, dopo il giro di campo dell’Olimpico di settimana scorsa ero proprio curioso. Questa volta si è apparentemente contenuto, ma io, a uno così, il contratto glielo rinnovo sulla fiducia. “Bevo quello che beve Oddo.”
In tribuna Galliani, Berlusconi presidente e lady Berlusconi: passato, presente e futuro del Milan, dopotutto questa festa è anche merito loro. Dopo gli anni opachi, le campagne acquisti confuse e deficitarie, dopo il timore e la rabbia perché eravamo costretti ad assistere impotenti allo smantellamento della nostra squadra del cuore, smossi indiscutibilmente dai successi dei cuginastri l’anno scorso e pungolati dalla mobilitazione popolare del raduno estivo a Milanello, i tre moschettieri (nelle persone di Galliani, Braida e Berlusconi) hanno rispolverato il proprio talento, alimentato la propria ambizione, messo mano al portafoglio e cambiato e lustrato la rosa della nostra squadra. Da fiore impolverato a gemma splendente campione d’Italia. Milano siamo noi, siamo Piazza del Duomo vibrante di milanistica energia, Galleria Vittorio Emanuele e Piazza Castello, Via Turati e San Siro: people and landscape. Siamo noi i tifosi sui tram, con cori del tipo “autista facci un saluto”, siamo noi i tassisti indaffarati, siamo noi la processione da Piazzale Lotto allo stadio del calcio. Eravamo bellissimi, dovevate vederci. Siamo noi le bandiere che garriscono al cielo di Milano, perché “Milan l’è on gran Milan” ma anche il “Milan l’è ona gran passion.” Siamo noi le ali di folla del pullman scoperto, siamo noi i tricolori che sventolano, i tifosi che urlano, i giocatori che esultano, perché senza Milan, in fondo, non saremmo quello che siamo.
Il Milan saluta San Siro da campione d’Italia, rinnovando l’invito alla prossima stagione con premesse e promesse eccitanti. Come i più grandi spettacoli, vorremmo che questa notte non finisse mai. Tra poco si apriranno le danze per i rinnovi dei contratti e per il calcio mercato, quel che sarà sarà. Si viene e si va. L’onore delle armi alla vecchia guardia, ai campioni che da diversi anni ci accompagnano in questa fantastica avventura che è il Milan, che ci hanno reso orgogliosi anche negli anni in cui era la parte sbagliata di Milano a vincere. Per fortuna la natura ha ripristinato l’ordine originale. Il ricordo e il saluto corre a (quasi) tutti i grandi ex rossoneri, questa festa è anche per loro…tranne uno. Per farvi capire meglio a chi mi riferisco (e non è poi tanto difficile intuirlo) cito uno splendido striscione apparso prima in Duomo e poi a San Siro (geniale l’autore, complimenti davvero!!!): “Leonardo, e ora chi lo cambia il nome a mio figlio?” Caro fratello rossonero, non ti preoccupare per tuo figlio e il suo nome: gli ricorderà sempre una persona che ha deciso di lasciare il Milan, cancellando in pochi mesi tredici anni di vita vissuta; sarà il più bel motivo d’orgoglio per lui perché noi, veri milanisti, non vorremmo mai essere da un’altra parte se non qui, in questo mondo chiamato Milan e in questa avventura rossonera. Il nostro sogno è questo, il nostro posto è qui.
[Marco Carni – Fonte: www.ilveromilanista.it]
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