MILANO – Si è conclusa, si potrebbe quasi dire finalmente, la Guinness Cup per il Milan di Inzaghi, che esce dalle sue tre partite con le ossa frantumate. No, non stiamo esagerando. É quanto emerge andando a ripercorrere le prestazioni offerte dal Milan contro Olympiacos, Manchester City e Liverpool. Il campo e i suoi dati non mentono. Tutto è andato nella maniera più storta possibile.
Lo dicono i numeri, lo dicono anche le considerazioni che si possono fare prendendo in esame ogni singolo reparto del Milan d’estate di Pippo Inzaghi. Partendo dalla porta: Abbiati ha fatto quello che ha potuto quando chiamato in causa, Agazzi non ha di certo brillato in occasione della sfida alla squadra di Pellegrini e Gabriel ha potuto mettersi in mostra solo per un tempo con i greci del Pireo. Certo i 10 gol presi in 3 partite (e potevano essere molti ma molti di più) sono figli anche di una difesa malleabile e poco compatta. Agli avversari di questa tournèe bastava solo alzare un poco ritmi di gioco e baricentro per mandare nel pallone più totale il meccanismo difensivo della squadra rossonera. E così entrare in area del Milan diventava quasi uno scherzo. Inammissibile.
Passiamo poi al centrocampo. Lento, molle e impacciato, ma soprattutto senza il minimo straccio di idea di gioco. Niente. Nulla. Mai una verticalizzazione (se non da Cristante, unica forse conferma positiva che arriva da questa Guinness Cup), pochi inserimenti da parte delle mezzali e un’assenza sconcertante di qualità e piedi buoni. Se i vari Muntari ed Essien si devono mettere a sventagliare da una parte all’altra come e meglio di Pirlo, allora c’è seriamente qualcosa che non va all’interno del Milan di oggi. Le prestazioni del centrocampo si ripercuotono in maniera inevitabile sulla fase offensiva. Il Milan ha costruito poco, pochissimo (il solo gol realizzato, peraltro da palla inattiva è lì a testimoniarlo) in attacco, costringendo gli attaccanti esterni a fare più i terzini aggiunti che altro e abbandonando a se stesso il malcapitato centravanti della situazione. Imbarazzante.
Il quadro sembra avere tinte davvero fosche. Le assenze invocate non possono costituire un alibi adeguato. I campanelli d’allarme paiono essere molteplici e giustificati, ma dalla dirigenza, Galliani in testa, arrivano appelli alla calma e alla fiducia. Qui, sia chiaro, non si sta mettendo in dubbio la bontà del lavoro di Inzaghi. L’entusiasmo del mister, però, non può cambiare quello che è il valore tecnico del materiale con cui si trova a lavorare. Forse la dirigenza dovrebbe cominciare a considerare bene questo aspetto nelle proprie valutazioni in sede di mercato.
[Francesco Nasato – Fonte: www.ilveromilanista.it]
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