Nelle ultime stagioni, nei periodi di mercato, la frase incubo dei tifosi del Milan era diventata “Siamo a posto così”, quando in realtà la rosa necessitava di ritocchi importanti per reggere il confronto con la concorrenza. Negli anni, a scuotere ogni vecchio cuore rossonero sono arrivati altri tormentoni: “Le squadre spagnole hanno una fiscalità vantaggiosa”, “Non abbiamo uno stadio di proprietà che ci porti introiti”, “Paghiamo troppi milioni di irap, tassa che esiste solo in Italia”. Fino ad arrivare all’ultima, ossessionante persecuzione, “Non si compra se prima non si vende”, passando anche per le speranzose quanto non veritiere (alla prova dei fatti) “Arriverà mister X”, lasciando intendere che il mister X in questione fosse un top player.
Tra l’altro, non è vero che altrove non esista una tassa simile all’IRAP, dal momento che in Francia vige la cotisation sur la valeur ajoutée des entreprises e in Germania la Gewerbesteuer. Tutte tasse analoghe alla nostra Imposta Regionale sulle Attività Produttive. Per quel che riguarda stadi e fiscalità invece, le osservazioni di carattere economico elencate in precedenza trovano delle basi veritiere e concrete se ci si confronta con le squadre estere: quasi tutte hanno stadi di proprietà e inoltre le spagnole hanno avuto negli anni evidenti vantaggi dalla famosa “legge Beckham”.
Ma le certezze costruite guardando al di là delle Alpi crollano se guardiamo la realtà che vivono i nostri vicini di casa. Se la Juventus potrebbe fare storia a se grazie all’omonimo Stadium, ma soprattutto grazie al poderoso aumento di capitale stanziato dalla famiglia Agnelli nel 2011, ci si chiede però con sempre più insistenza come sia possibile che le altre riescano a far mercato senza grossi problemi e senza per questo far sprofondare il bilancio. La Fiorentina sbaraglia la concorrenza mettendo a segno un colpo da prima pagina, Mario Gomez, per 20 milioni di euro. La Lazio di Lotito porta a casa per circa 15 milioni Biglia e Felipe Anderson. Senza parlare del Napoli che, oltre ai 64 milioni incassati dalla cessione di Cavani, ne ha a disposizione altri 60 da spendere sul mercato.
Anche la Roma ci sovrasta comprando Strootman per 20 milioni e Benatia per 13,5 senza battere ciglio. In quest’ultimo caso qualcuno potrebbe obiettare che i giallorossi hanno intascato un assegno da 35 milioni dai francesi del PSG grazie alla cessione di Marquinhos. Ma qui la “controbiezione”, guardando le cifre folli che spendono gli sceicchi, sarebbe che forse, al Milan, sono stati svenduti Thiago Silva e Ibrahimovic. Le squadre citate, essendo italiane, di certo non godono della fiscalità spagnola o di altri vantaggi di cui (stando a Galliani) godono all’estero e, come se non bastasse, hanno un fatturato decisamente inferiore a quello del Milan, che può vantare di essere tra le prime 7/8 squadre al mondo in questa speciale classifica.
Perché allora via Turati ha così tanti problemi di liquidità? Perché per acquistare Poli a un milione e mezzo si è fatta una trattativa più lunga di quella che fu per l’acquisto di Ibrahimovic? Perché deve ricorrere all’intervento di uno sponsor per acquistare un calciatore che vale sì e no quattro milioni? Una delle possibili risposte è che sì, è vero, il Milan ha un fatturato molto più alto di quello delle altre società di Serie A, ma ha anche costi gestione nettamente più elevati. Infatti, tra il 2008 e il 2011 il costo del personale (tesserati e non) è stato abbondantemente al di sopra della soglia imposta dal fair play finanziario, stabilità nel 70%, viaggiando tra l’81 e l’85%. Molto è stato causato dai rinnovi milionari sottoscritti dai vincitori dell’ultima Champions. Non a caso, se si prende il bilancio 2012, che nella seconda metà dell’anno è stato alleggerito dei compensi dei senatori storici più quelli di Thiago Silva e Ibrahimovic, si scende fino al 66%, e un valore molto simile si trovava nel bilancio 2007 (63%, ndr). E quello del 2013 sarà senza dubbio inferiore.
Questo aspetto, tenuto conto del fatto che il bilancio non si stende sulla stagione calcistica ma sull’anno solare, lascia ben sperare per il futuro. Lascia intendere che a partire dal prossimo gennaio Galliani avrà più margine di manovra sul mercato. Oltretutto, con la strada intrapresa di ringiovanimento della rosa, con il tetto salariale imposto (e superabile solo con i premi legati ai risultati), si può ben sperare di avere un futuro meno opprimente del presente. Un futuro in cui a una squadra giovane si potrà anche inserire un elemento in grado di far fare il salto di qualità senza per questo affossare il bilancio e senza essere costretti a vendere il proprio gioiello più luminoso.
Affinché non si torni più alle condizioni attuali però, occorre anche un esame di coscienza e cambio di rotta da parte dell’Amministratore Delegato. Il Milan di oggi non può più permettersi di elargire stipendi smodati e non rapportati al reale valore del calciatore. Non può più permettersi rinnovi milionari per riconoscenza o di acquisire calciatori mediocri che non hanno mercato. Degli abbagli si possono prendere (Ricardo Oliveira ne è l’esempio più lampante), ma se in una squadra ci sono una decina di elementi sul mercato e non arrivano offerte, vuol dire che di abbagli ne sono stati presi parecchi. E questo il Milan non se lo può più permettere.
[Rocco Piliero – Fonte: www.ilveromilanista.it]