Era ora. Ci voleva un tecnico giovane, senza peli sulla lingua e votato al gioco spettacolare come Massimiliano Allegri per capire che il centrocampo del Milan è un reparto “morto”, senza offesa per i suoi interpreti: serve aria nuova, freschezza, dinamismo e fisicità. Ma attenzione: gli ultimi due requisiti non devono limitare il campo di ricerca agli incontristi, tuttaltro.
Con la conferma di Gattuso che va a sommarsi alla presenza di Ambrosini e Flamini, il reparto mediani difensivi è più che abbondante, addirittura con un surplus in termini economici, visti i tre pesanti ingaggi: al Milan non esiste un centrocampista “totale”, completo, capace di fare le due fasi con la stessa intensità e dedizione, garantendo una grande, scusate il gioco di parole, quantità di qualità, o viceversa.
Il nome di Andrea Poli sboccia come un raggio di sole in un cielo cupo, che minaccia tempesta: il centrocampista di Vittorio Veneto era già stato vicino a vestire la maglia rossonera nel 2006 quando, 17enne, esordiva con la maglia del Treviso in Serie B. Ci arrivò prima la Sampdoria, come troppo spesso accaduto sui giovani di prospettiva in questi anni: ora rimediare all’errore costa, ma neanche troppo parametrando quanto questo investimento può dare nei prossimi 10 anni alla causa rossonera.
Poli è universalmente riconosciuto come il miglior centrocampista italiano under 23, tanto da essere stato incluso nella lista dei migliori prospetti da World Soccer: sogna di diventare come Gerrard, con la maglia rossonera potrebbe farlo eccome. Il confine tra Poli ed il suo compagno di reparto Palombo, altro nome accostato in queste ore al Milan, è il filo sottile tra una scelta per il futuro ed una che sa già di passato prossimo, visti i 30 anni ormai prossimi del mediano blucerchiato. Il caso del Milan è più unico che raro: è aperta la sfida a chi riuscirà a trovare un’altra squadra in Europa che da ormai 8 anni basa la propria seconda linea sugli stessi 4 giocatori. Che sia Gattuso-Pirlo-Seedorf, Gattuso-Pirlo-Ambrosini o Ambrosini-Pirlo-Seedorf, al Milan non si sbaglia: di contorno sono passati Brocchi, Dhorasoo (che forse meritava miglior sorte), Vogel e Flamini, ma senza mai ricevere una fiducia tale da scalfire le gerarchie. Si tratta di grandi giocatori, in alcuni casi di campioni o addirittura leggende, ma a tutto c’è un limite, perchè l’orologio non si ferma per nessuno: la brillantezza e la lucidità sono facilmente smarribili, specie nell’arco di 60 partite, non tanto sui 90 minuti “secchi”.
Il grande limite del Milan, biennio 2003-2005 a parte, è stato infatti proprio questo: non saper gestire il peso di un torneo lungo come il campionato nonostante la presenza di buone/ottime riserve negli altri reparti. Nel calcio moderno, chi prende il pallino del gioco in mezzo fa la differenza e, 9 volte su 10, vince: si possono creare alberi di natale, 4-2 e fantasia e tutti gli schemi di questo Mondo, ma partendo sempre dalla solita filastrocca, tutto va a picco, come la storia ha ampiamento dimostrato. Poli – o chi per lui, basta che abbia la stessa qualità ed età – per ricominciare a sognare insomma: certo una volta c’erano Rijkaard e Desailly ma, come detto purtroppo, il tempo passa davvero per tutti, nessuno escluso.
[Francesco Letizia – Fonte: www.tuttomercatoweb.com]
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