TUTTO CAMBIA – L’anno scorso Milan-Fiorentina si giocò alla terzultima di campionato. Il Milan si impose uno a zero con un rigore di Ronaldinho, conquistando aritmeticamente il terzo posto e allontanando gli spettri di un clamoroso aggancio della Sampdoria. La partita si concluse con gli applausi dei giocatori alla curva e con l’abbraccio nel tunnel che conduce agli spogliatoi tra Galliani e mister Leonardo: un abbraccio bello, lungo e sincero, che testimonia il grande rapporto di amicizia e stima reciproca tra l’Amministratore Delegato e l’ex allenatore. Dopo quel Milan-Fiorentina, insomma, c’erano molti sorrisi e altrettante pacche sulle spalle. E’ vero, il Milan ad un certo punto della stagione avrebbe potuto pure scavalcare l’Inter, ma comunque vista la rosa a disposizione di Leonardo il piazzamento Champions era considerato un risultato soddisfacente per la società. Qualche mese dopo, però, le ambizioni sono di colpo schizzate verso l’alto: questo Milan è costruito per vincere. Ed ecco dunque che Milan-Fiorentina assume un significato completamente diverso dal precedente; battere i viola vorrebbe dire dare un segnale ancor più forte e chiaro al campionato. Vorrebbe dire che il Milan di Allegri fa davvero sul serio, e non fa sconti a nessuno.
LO SPIRITO DI SINISA – La Fiorentina che si presenta a San Siro per l’anticipo di questa sera è una squadra rimaneggiata. Ricca di talento e di determinazione, ma anche priva di alcune pedine fondamentali come Mutu (stiramento, ne avrà per due settimane e lo staff sanitario viola sta provando a recuperarlo per la partita con la Juventus), Frey e Montolivo (recentemente operati rispettivamente al ginocchio e alla caviglia). Mihajilovic, però, è un allenatore che punta più allo spirito che alle invenzioni individuali, più al collettivo che non al singolo. Ecco perchè la Fiorentina che affronterà il Milan sarà una squadra solida, compatta, consapevole della propria qualità e dei punti deboli dell’avversario.
La classifica è molto corta: la Fiorentina è dodicesima con quindici punti, ma il sesto posto valevole un piazzamento in Europa League dista solamente quattro lunghezze. Ciò che fa maggiormente preoccupare Della Valle e i suoi, però, è il rendimento esterno della squadra: in cinque partite disputate lontano dal Franchi, i viola ne hanno pareggiate due e perse tre, segnando quattro gol e subendone ben sette. Mihajilovic resta comunque un grande motivatore e un tecnico molto preparato, come ha avuto modo di dimostrare a Bologna e Catania. La sua idea di calcio però è stata complicata da una lunga e sfortuna serie di infortuni che hanno colpito via via molte delle pedine fondamentali della sua squadra, da Jovetic (rottura del crociato in estate, stagione praticamente compromessa) a Mutu passando per D’agostino, Vargas, Frey e Montolivo.
LE CHIAVI A D’AGOSTINO – I nazionali sono rientrati tutti regolarmente e saranno in campo a San Siro. Natali e Gamberini, entrambi acciaccati, stanno riprendendo a lavorare con il gruppo e dovrebbero essere a disposizione. Nonostante le molte assenze, Mihajlovic riproporrà il suo tradizionale 4-2-3-1. Davanti a Boruc (era dato in partenza a Gennaio, ma l’infortunio di Frey lo ha rilanciato) giocheranno Comotto, Gamberini, Natali e Pasqual. I due centrocampisti davanti alla difesa saranno Donedel e D’agostino. Senza Montolivo, il compito di dare ordine e geometrie è affidato all’ex regista dell’Udinese. Spesso a San Siro si esalta, Abbiati farà bene a temere le sue conclusioni dalla distanza. Con Ljajic nel ruolo di trequartista, Santana e Vargas saranno i due esterni offensivi che dovranno assistere Gilardino, probabile bersaglio dei tifosi rossoneri ma sempre voglioso di fare gol ad una squadra nella quale non è riuscito completamente ad affermarsi.
TANTO PER ESSERE CHIARI… – Approfitto di questo spazio per concludere con una constatazione slegata da questo articolo e dalla sfida di questa sera. In questi giorni i media si divertono a fantasticare sul futuro tecnico dell’Inter. Il dopo-Benitez, secondo questi sapientoni dell’informazione sportiva, avrebbe un nome e un cognome: Leonardo Nascimento de Araujo. Lui, cacciato ingiustamente da Berlusconi. Lui, che non vedrebbe l’ora di sedersi sull’altra panchina di San Siro pur di fare uno sgarbo al suo vecchio Presidente. Tanti interisti vedrebbero bene questa soluzione: dopo l’affare Ibra, prendere Leonardo sarà un bello sgarbo ai cugini – dicono.
La riflessione, però, sorge spontanea: molti sono passati dall’Inter al Milan lasciandosi polemicamente con la società nerazzurra. Nessuno, però, ha attraversato il Naviglio in polemica con i colori rossoneri. Davvero qualcuno pensa che il primo potrebbe essere un Signore chiamato Leonardo? Forse non è chiaro: Leo è uno di noi.
[Gabriele Pipia – Fonte: www.ilveromilanista.it]