Mondiali Russia 2018

Le montagne russe e quell’infinita Matrioska di emozioni

La Francia ha trionfato nella ventunesima edizione del Mondiale di calcio, emozioni a non finire in questi 31 giorni e adesso appuntamento al Qatar

MOSCA – Due ore fa è andata in archivio la ventunesima edizione della massima espressione calcistica, quella che “ha scandito i tempi della nostra vita e scandirà quelli di chi verrà dopo di noi”. E’ stato un viaggio immaginifico nel senso più profondo del termine, un viaggio in grado di parafrasare in maniera originale quel copione scontato e rovesciarlo in un limbo di incertezza e di passione smodata e colorata. Questo è stato il viaggio Russo che, come una Matriosca, ha inghiottito il mondo intero con emozioni e quella illogica possibilità di realizzare un piccolo sogno anche per chi può osservare solo la realtà alle spalle di un vetro. matrioska

Il Mondiale (lo sanno tutti ormai) l’ha portato a casa la Francia dei fenomeni, non più aspiranti ma capaci di prendersi lo scettro del Pianeta battendo in finale una stoica Croazia. Quella scacchiera di imprevedibilità e di talento che ha disputato una partita in più del dovuto grazie a quei tre tempi supplementari. L’ultima fermata della generazione d’oro si ferma all’argento, precedendo il bronzo dei Diavoli Rossi del Belgio, cultori di uno stile predefinito e totalmente distaccato dagli altri. Miglior risultato di sempre per la Nazionale belga, al primo posto della speciale classifica denominata: miglior calcio del torneo. Non è tornato a casa, invece, il sogno degli inglesi nonostante l’uragano.

Dalle gioie ai rimpianti e alle delusioni all’interno di quei confini sterminati che rappresentano quel misto tra Nazione e continente che è la Russia. I giganti di questo meraviglioso gioco sono usciti al quarto atto, schiacciati da una pressione troppo più grande di una Nazione e di un collettivo non all’altezza di quei due nomi: Messi e Ronaldo. Lo sguardo perso del primo e il capo chino del secondo, entrambi consci del fatto che non saranno due settimane a cambiare la loro biblica e lapidaria importanza nella storia di questo sport, anzi, nella storia dello sport. Dalla caduta degli Dei ai fallimenti collettivi a cominciare dalla Germania e dalla fatale Corea, arrivando al Brasile e passando per la Spagna. Storie concatenate di quelle tre favorite cadute come birilli in un pazzo bowling chiamato Mondiale.

Non c’è stato Mondiale più folle di questo, un Mondiale anarchico e per questo tremendamente soggetto a continui cambi di direzione, proprio come le montagne russe. 31 giorni che ci hanno tenuti col fiato sospeso nonostante l’assenza dell’Italia, trentuno giorni in cui abbiamo assistito alla prima rete di Panama e quel codice di comportamento riscritto dai tifosi di Giappone e Senegal. Abbiamo visto il VAR e lo abbiamo promosso a pieni voti, abbiamo assistito al countdown condiviso prima dell’inizio di ogni match. Ci siamo sbizzarriti con statistiche, storie e ricorsi storici che sconfinano il mondo del calcio entrando all’interno di una ciclicità, materia prima che da sempre descrive la storia.

E’ stato soprattutto il Mondiale dei colori, delle emozioni e di un confine così sottile tra la vita e quel “gioco” che fa impazzire tutti. E’ stato il Mondiale della Russia e della sua organizzazione perfetta, il Mondiale in cui il Globo si è spostato nella Piazza Rossa insieme a 32 culture diverse ma unite da una fratellanza che non conosce confini. E’ stata un’altra festa di sport, la ventunesima. Adesso toccherà rimettere tutto in valigia ed aspettare più di 1000 giorni per il primo Mondiale invernale che si giocherà in Qatar. Au revoir, Russia.

Alessio Evangelista
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Alessio Evangelista

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